La recente sentenza della Corte di Cassazione ha sancito una vittoria significativa per la giustizia civile e un monito severo in materia di sicurezza sul lavoro, condannando il Ministero della Difesa a risarcire la famiglia di un carpentiere navale deceduto a causa di mesotelioma pleurico. Questa decisione, che conferma le sentenze di primo grado e appello del Tribunale di Genova, apre un importante precedente nella tutela dei diritti dei lavoratori esposti all’amianto, un materiale oggi ampiamente riconosciuto come cancerogeno.L’uomo, figura centrale in questa vicenda, aveva dedicato gran parte della sua vita professionale all’interno dell’Arsenale Militare Marittimo della Spezia, un contesto in cui l’utilizzo di amianto era diffuso per decenni. La sua carriera lavorativa, iniziata con un impiego presso una ditta appaltatrice e successivamente proseguita come dipendente diretto del Ministero nel 1967, si è protratta fino al pensionamento nel 1994. Questo arco temporale coincide con un periodo storico in cui le conoscenze sui pericoli derivanti dall’esposizione all’amianto erano ancora limitate o deliberatamente ignorate, con conseguenze tragiche per la sua salute.La malattia, un mesotelioma pleurico – una forma aggressiva di cancro che colpisce la membrana che riveste i polmoni – si è manifestata in età relativamente avanzata, portando al decesso dell’uomo nel 2013. Il legame causale tra l’esposizione professionale all’amianto e la patologia è stato riconosciuto dalla magistratura, ribaltando una diffusa cultura dell’impunità che aveva caratterizzato, fino ad allora, la gestione dei rischi ambientali nei luoghi di lavoro.Il risarcimento, quantificato in 670.000 euro e distribuito tra la moglie (270.000 euro) e i due figli (200.000 euro ciascuno), mira a compensare il danno patrimoniale e non patrimoniale subito dalla famiglia. La valutazione del danno parentale, in particolare, ha tenuto conto non solo della perdita del coniuge e del genitore, ma anche della sofferenza emotiva e psicologica dei familiari, amplificata dalla brutalità e dalla natura progressiva della malattia. I giudici hanno esplicitamente considerato l’età relativamente giovane della vedova al momento del decesso, un elemento che attenua ulteriormente la perdita subita.La sentenza sottolinea la natura devastante del mesotelioma, descritto dai giudici come una patologia caratterizzata da una grave e prolungata compromissione della funzione respiratoria, con un impatto emotivo profondissimo sui congiunti. L’assistenza medica, spesso lunga e dolorosa, rappresenta un ulteriore aggravio per i familiari, costretti ad assistere un caro in condizioni di estrema sofferenza. Questa vicenda non è solo una storia di giustizia riparativa, ma anche un campanello d’allarme per le istituzioni e le aziende. Evidenzia l’importanza cruciale di una rigorosa applicazione delle normative in materia di sicurezza sul lavoro, della prevenzione dei rischi professionali e della sensibilizzazione sui pericoli derivanti dall’esposizione a sostanze nocive come l’amianto. Inoltre, la sentenza sottolinea la responsabilità del datore di lavoro nell’assicurare un ambiente di lavoro sicuro e salubre, tutelando la salute dei propri dipendenti anche a distanza di anni dall’esposizione a rischi potenzialmente letali. La giustizia, in questo caso, si fa portavoce di una profonda riflessione sulla dignità del lavoro e sul valore inestimabile della vita umana.
Amianto, Giustizia per un Carpentiere: Condannato il Ministero
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