Corte Costituzionale: via libera alla legge toscana sul fine vita, ma con riserve.

La sentenza della Corte Costituzionale sulla legge toscana sul fine vita rappresenta un punto di svolta nel delicato panorama legislativo italiano, delineando un equilibrio complesso tra autonomia regionale e competenze statali.

Contrariamente a una declaratoria di illegittimità totale, la Corte ha riconosciuto la sostanziale compatibilità della legge regionale con la Costituzione, incardinando la sua legittimità nell’ambito della potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute.

La decisione evidenzia come la legge toscana, nella sua essenza, persegua finalità organizzative e procedurali, mirando a uniformare l’assistenza offerta dal Servizio Sanitario Regionale a coloro che richiedono un sostegno per affrontare il processo di morte.
Questo aspetto cruciale sottolinea l’intento della legge di strutturare un percorso assistenziale dignitoso e personalizzato, piuttosto che promuovere direttamente l’eutanasia o il suicidio assistito.
Tuttavia, l’analisi della Corte non è priva di riserve.
Pur confermando la legittimità del quadro generale, la sentenza ha individuato specifiche disposizioni che eccedono i limiti delle competenze regionali, invadendo aree riservate alla legislazione dello Stato.

Questa delimitazione delle competenze regionali riflette la necessità di un quadro normativo nazionale coerente in questioni di tale sensibilità, dove principi fondamentali come la difesa della vita e la tutela dei diritti individuali richiedono una regolamentazione unitaria.

Le dichiarazioni del Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, esprimono un senso di soddisfazione per il riconoscimento della legittimità della legge, sottolineando l’assenza di un intervento legislativo nazionale sul tema del fine vita, contrastante con un precedente invito della stessa Corte Costituzionale (sentenza 242/2019).
Questa constatazione evidenzia un vuoto legislativo che la Regione Toscana ha cercato di colmare, assumendo un ruolo pionieristico nella definizione di procedure e standard per l’assistenza al morire.
L’affermazione che ora le Regioni abbiano un “diritto a legiferare” sul suicidio medicalmente assistito, sebbene sintetica, desta alcune riflessioni.

È più corretto parlare di un’interpretazione evolutiva della potestà legislativa concorrente, che consente alle Regioni di intervenire in ambiti non disciplinati a livello nazionale, nel rispetto dei principi costituzionali e dei vincoli derivanti dalla normativa statale.
La legge toscana, in questo senso, ha rappresentato un esperimento legislativo che ha sollevato interrogativi e stimolato un dibattito necessario sul diritto alla morte dignitosa e sulla responsabilità del sistema sanitario nell’accompagnare i pazienti nelle fasi terminali della vita.
La sentenza della Corte Costituzionale, lungi dal chiudere la questione, invita ora al Parlamento italiano a colmare il vuoto legislativo e a fornire un quadro normativo nazionale che tenga conto delle sensibilità regionali e delle esigenze di tutela dei diritti fondamentali.

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