A un anno dalla riapertura del Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti, Firenze, si inaugura un nuovo percorso espositivo che reinterpreta il Novecento attraverso il prisma del costume, offrendo una prospettiva inedita sulla sua evoluzione culturale e artistica.
Quaranta esemplari eccezionali, molti dei quali mai esposti al pubblico, compongono questa selezione, distribuite cronologicamente dagli anni Venti agli anni Ottanta, in un dialogo costante con opere pittoriche scelte per esaltarne il valore interpretativo.
L’allestimento, curato dalle Gallerie degli Uffizi sotto la direzione di Simone Verde, non intende semplicemente presentare abiti, ma svelare come la moda del XX secolo si sia configurata come un linguaggio complesso, un sistema di segni in continua trasformazione, specchio e motore delle profonde mutazioni sociali, politiche ed estetiche che hanno caratterizzato il secolo.
Si assiste a una commistione virtuosa tra arte e costume, dove l’abito non è solo indumento, ma opera d’arte a sé stante, capace di veicolare significati simbolici e di contribuire alla costruzione dell’identità individuale e collettiva.
La prima sala, dedicata agli effervescenti anni Venti, immerge lo spettatore nell’atmosfera del Charleston, con le sue linee geometriche, le paillettes scintillanti e le gonne scampananti.
Un Trittico di Galileo Chini, in dialogico contrasto con l’abito indossato dalla moglie del pittore alla prima di Turandot, incarna l’eleganza raffinata e l’eccentricità tipiche dell’epoca.
A seguire, un affascinante excursus sulle “flapper girls”, con abiti leggeri e saporiti, intrisi di influenze orientali, testimonianza di un’apertura culturale verso l’esotico e l’esotismo.
Le due sale successive sono dedicate agli anni tra le due guerre, un periodo di contrasti e di grandi trasformazioni.
L’ispirazione déco si manifesta in abiti dalle linee pulite e dai tessuti lussuosi, mentre il glamour hollywoodiano degli anni Trenta si riflette in creazioni di haute couture, firmate da icone come Madame Vionnet, caratterizzate da una ricercatezza formale che cela un’epoca travagliata.
Il dipinto di Felice Casorati, “Lo straniero”, in questa sezione, amplifica il senso di alienazione e di incertezza che permeava il clima culturale.
Il dopoguerra è segnato dalla ricostruzione, ma anche da una ritrovata voglia di celebrare la femminilità.
Corsetti e gonne a ruota convivono con abiti rivoluzionari, come quello giovanile di Yves Saint Laurent per Christian Dior, testimonianza di un cambiamento radicale nel concetto di moda.
Tre abiti appartenuti alla leggendaria Ingrid Bergman aggiungono un tocco di fascino e di storia.
Le sale successive esplorano gli anni Sessanta e Settanta, un decennio di sperimentazione e di rottura con il passato.
Linee a trapezio, ispirazioni space-age e materiali innovativi definiscono l’estetica futuristica di André Courrèges, André Laug e Pierre Cardin.
L’allestimento si conclude con un omaggio a Roberto Capucci, maestro dell’abito-scultura, e a Enrico Coveri, celebre per i suoi iconici look di paillettes, figure chiave nella storia del costume italiano.
La rotazione annuale delle collezioni, attingendo da un patrimonio di circa quindicimila capi e accessori, mira a mantenere vivo l’interesse e a rivelare al pubblico nuove e sorprendenti testimonianze del patrimonio storico-artistico del Museo della Moda e del Costume.