Riemergere dal tempo, un sussurro di storia che si fa eco nel cuore di Prato: dopo tre secoli di oblio, l’altare del Crocifisso Datini riscopre la sua bellezza originaria, restituendo alla città un frammento prezioso del suo patrimonio artistico e spirituale.
La sua riscoperta, frutto di un’indagine scrupolosa condotta da Francesco Marchese, coordinatore del progetto di restauro della chiesa di San Francesco, rappresenta una rara opportunità per comprendere più a fondo la devozione e la committenza artistica che animarono la Prato del Trecento.
La chiesa di San Francesco, testimone silenziosa di quasi otto secoli di storia, custodiva gelosamente il segreto dell’altare.
La sua scomparsa, avvenuta nel Seicento con la costruzione della cantoria dell’organo che ne celò la presenza, aveva comportato la rimozione del Crocifisso Datini, trasferito sull’altare maggiore, e la separazione dalla tela che lo incorniciava, oggi custodita a Palazzo Pretorio.
La paziente ricerca di Marchese, basata sull’analisi di documenti d’archivio, ha permesso di individuare le nicchie originarie, celate dietro il muro aggiunto nel Seicento.
La rimozione di tale barriera ha rivelato non solo l’altare stesso, ma anche un ciclo di affreschi di eccezionale valore.
Le immagini, che raffigurano scene legate alla Passione, con Dio Padre in atto di benedire, la colomba dello Spirito Santo che si fonde con il Crocifisso nella Trinità, e i due ladroni pentiti, testimoniano un profondo senso del sacro e una raffinata maestria pittorica.
La sovrapposizione di strati pittorici, con affreschi trecenteschi affiancati da interventi secenteschi, opera del pittore Pier Antonio Michi, offre una prospettiva unica sull’evoluzione del gusto artistico e sulla continuità della devozione nel corso dei secoli.
L’importanza della riscoperta non risiede soltanto nel valore artistico dell’altare e degli affreschi, ma anche nella luce che proietta sulla figura di Datini, mercante e committente, figura chiave nella storia economica e culturale di Prato.
Sebbene non si sappia con certezza se Datini abbia donato il Crocifisso alla chiesa o lo abbia fatto realizzare, è certo che nutriva per esso una profonda venerazione, che lo spinse a commissionare la costruzione dell’altare.
L’accordo con l’Amministrazione comunale e provinciale, che ha permesso il prestito a lungo termine della tela di Michi, rappresenta un gesto di collaborazione volta a restituire all’altare la sua configurazione originaria e a rafforzare il legame tra la comunità religiosa e il patrimonio artistico cittadino.
Il restauro complessivo della chiesa, finanziato in gran parte dai fondi dell’otto per mille, ha restituito allo sguardo un complesso monumentale di grande suggestione, pronto ad accogliere la comunità e a raccontare la sua storia.
La celebrazione di domani, presieduta dal vescovo Nerbini, suggellerà un momento di rinascita e di rinnovato orgoglio per la città di Prato, che ritrova un tesoro dimenticato e lo restituisce al mondo.






