Gaza distrutta: la guerra infinita lascia in ombra l’umanità della regione

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La devastazione di Gaza rappresenta un capolavoro della distruzione, una realtà che sembra provenire da un film post-apocalittico: la guerra ha lasciato il suo segno indelebile sulla regione, trasformandola in uno spazio dominato dalla morte e dal dolore. Il continium bellico è ormai diventato una sorta di norma quotidiana per la popolazione, che è costretta a vivere in un’atmosfera di paura e incertezza.Secondo l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), il Commissario generale Philippe Lazzarini ha descritto la situazione come “una sorta di interruzione post-apocalittica della guerra”, sottolineando come la regione sia stata ormai privata della sua essenza umana e civile, lasciandola in uno stato di abbandono e disperazione. Gaza non è più una comunità, ma un’area di confine tra la vita e la morte, dove l’unica cosa certa è la distruzione e la rovina. I bambini giocano con le bombe artigianali, i genitori cercano di sopravvivere nelle zone arieggiate del quartiere, gli anziani vivono nell’attesa della fine della guerra che potrebbe essere per loro l’ultima. La comunità si è ritrovata divisa in due gruppi: i combattenti e coloro che sono costretti a fuggire continuamente cercando di evitare la morte, ma spesso non ci riescono.In questo contesto di guerra infinita e distruttiva, le vittime della violenza stanno aumentando a dismisura: i bambini, le donne e gli anziani sono sempre più numerose. Le condizioni per il sostentamento della popolazione diventano sempre più precarie, con la fame che inizia ad insinuarsi nelle case.Questa guerra ha anche avuto un impatto devastante sull’ambiente: l’inquinamento è aumentato considerevolmente a causa dei bombardamenti e delle esplosioni continue di ordigni bellici. I terreni sono stati contaminati, le fonti idriche sono state distrutte, il verde è stato sostituito dal cemento e dalle rovine.Il Commissario generale dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi ha chiesto urgentemente l’intervento della comunità internazionale: “Non possiamo più aspettare. Dobbiamo agire subito prima che sia troppo tardi”. L’orologio è già scaduto da tempo, ma speriamo che qualcuno senta i nostri appelli e intervenga con urgenza.

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