Il 13 agosto, durante un’uscita di whale watching a bordo della motonave Corsara, partita da Andora (Savona), l’equipaggio ha documentato un evento drammatico: l’avvistamento di una balenottera comune ( *Balaenoptera physalus* ) gravata da ferite profonde e evidenti sul dorso.
La lesione, di recente datazione, manifestava una significativa perdita di grasso sottocutaneo, suggerendo un impatto violento, verosimilmente con l’elica di un’imbarcazione.
Nonostante le lesioni, la creatura, come riferito dalla ricercatrice Maddalena Jahoda dell’Istituto Tethys, mostrava segni vitali, alternando periodi di respirazione in superficie a immersioni controllate, rivelando una resilienza notevole.
Questo episodio, seppur straziante, non rappresenta un’anomalia nel contesto della crescente pressione antropica sui cetacei del Mediterraneo.
La balenottera comune, specie iconica dei mari italiani, segue cicli migratori estivi nel Mar Ligure e di Corsica, dove si nutre intensamente di krill, una piccola specie di crostaceo fondamentale per la sua alimentazione.
La sua presenza in quest’area, tuttavia, si interseca tragicamente con una delle rotte marittime più trafficate a livello globale, creando un conflitto inevitabile tra la necessità di conservare una specie vulnerabile e le esigenze del traffico commerciale.
Il Santuario Pelagos, istituito proprio per tutelare i cetacei del Mediterraneo, si dimostra in questo caso insufficiente a garantire la sicurezza di questi magnifici animali.
La sua efficacia è compromessa dalla stessa natura della migrazione delle balenottere, che si distribuiscono in aree vaste e poco prevedibili, rendendo difficile l’implementazione di misure di mitigazione, come la deviazione delle rotte delle navi, che si sono rivelate efficaci in altre regioni del mondo.
La ricercatrice Sabina Airoldi (Tethys) sottolinea come il rischio di collisioni aumenti in maniera esponenziale con l’incremento della velocità delle imbarcazioni, a partire da una velocità di soli 10 nodi.
L’incidente pone quindi una questione cruciale: è necessario un ripensamento radicale delle pratiche di gestione del traffico marittimo nel Santuario Pelagos, che vada oltre la semplice designazione di aree protette.
Si rende urgente un approccio proattivo che integri monitoraggio avanzato dei movimenti dei cetacei, limitazioni di velocità specifiche per le aree di maggiore rischio, e potenzialmente l’adozione di tecnologie innovative per la prevenzione delle collisioni, come sistemi di rilevamento acustico e comunicazione in tempo reale tra navi e autorità marittime.
La sopravvivenza della balenottera comune e di altre specie di cetacei nel Mediterraneo dipende dalla nostra capacità di coniugare le esigenze economiche con la tutela dell’ambiente marino e della sua biodiversità.
Il caso attuale è un monito severo: l’inerzia non è un’opzione sostenibile.