Un atto di protesta audace ha scosso oggi la vita istituzionale della Regione Liguria, con un gruppo di militanti del movimento Centopercentoanimalisti che ha forzato l’accesso alla sede del Consiglio Regionale.
L’azione, consumatasi nel primo pomeriggio, ha visto gli attivisti dispiegare cartelli con messaggi di denuncia contro la caccia e nei confronti di figure politiche che ne favoriscono la pratica.
L’intervento di guardie giurate ha impedito loro di proseguire all’interno dell’edificio, mentre agenti della Digos si sono prontamente recati sul posto per identificare i manifestanti.
L’azione di protesta si inserisce in un quadro di crescente scontro tra la Regione Liguria e le associazioni animaliste, innescato da decisioni amministrative percepite come inaccettabili in termini di tutela della fauna selvatica.
In una nota ufficiale, il movimento Centopercentoanimalisti accusa la Giunta Regionale di una sistematica chiusura nei confronti del benessere animale, autorizzando iniziative considerate espressioni di una spietata gestione delle risorse naturali.
In particolare, l’attenzione è focalizzata sulle recenti approvazioni riguardanti la caccia a fringuelli e storni, definite una “mattanza” che ignora ogni principio di rispetto per la vita.
L’episodio si aggiunge a un più ampio scenario di polemiche, amplificato dal tragico evento che ha visto la morte di un giovane cinghiale, precedentemente salvato da una persona di animo generoso, e poi barbaramente ucciso dalle guardie regionali.
Questo atto, percepito come un’ulteriore prova della mancanza di sensibilità delle istituzioni, ha esasperato le tensioni e alimentato la rabbia degli animalisti.
Il movimento denuncia una deriva inaccettabile, in contrasto con la gloriosa storia della città di Genova, e contesta l’utilizzo di riferimenti danteschi da parte di alcuni esponenti politici per giustificare pratiche considerate disumane.
La retorica utilizzata, secondo gli attivisti, stravolge il significato della Divina Commedia, che dovrebbe ispirare compassione e giustizia, non l’approvazione della sofferenza animale.
In una visione poetica e carica di indignazione, i manifestanti immaginano un nuovo cerchio dell’Inferno, il decimo, riservato a coloro che infliggono dolore e morte agli esseri viventi, condannati a sperimentare in prima persona l’angoscia che loro stessi provocano.
L’azione di protesta, pertanto, si configura come un appello urgente a un cambio di paradigma, volto a promuovere una cultura del rispetto e della convivenza pacifica tra uomo e natura.