L’inchiesta in corso a Genova ha svelato un quadro inquietante all’interno del reparto Sicurezza Urbana della Polizia Locale, mettendo in luce dinamiche di abuso di potere e comportamenti gravissimi da parte di quindici agenti, uomini e donne, ora sotto inchiesta dalla Procura. Il decreto di perquisizione delegato dalla PM Sabrina Monteverde descrive un utilizzo sconsiderato della violenza, che andava ben oltre i limiti consentiti dalla funzione di pubblica sicurezza, manifestandosi in aggressioni fisiche, verbali e persino con l’impiego di strumenti come lo sfollagente.L’indagine, innescata da denunce interne, ha portato alla luce sei episodi specifici contestati agli indagati, assistiti da un team di avvocati. Più che i singoli atti di violenza, il documento rivela una cultura distorta, permeata da un linguaggio offensivo e intimidatorio rivolto a persone vulnerabili e ai margini della società. La chat “Quei bravi ragazzi” è diventata una finestra su questo ambiente, documentando pratiche manipolatorie come il cosiddetto “sussurro nell’orecchio”, un metodo volto a provocare reazioni nelle persone fermate per poi giustificare l’arresto per resistenza a pubblico ufficiale.Le testimonianze di due agenti donne sono state cruciali per l’avvio dell’inchiesta, portando alla luce episodi di pestaggio avvenuti sia all’interno dei veicoli di servizio che nei bagni delle sedi di lavoro. Le accuse non si limitano alla violenza fisica: emergono anche accuse di furto di denaro e di piccole quantità di sostanze stupefacenti, apparentemente sottratte durante le perquisizioni e poi utilizzate in contesti successivi. Un dettaglio particolarmente significativo è l’abitudine di attivare le bodycam *dopo* che gli abusi erano già stati compiuti, suggerendo un tentativo deliberato di occultare le azioni illecite. La consapevolezza di aver oltrepassato i limiti è esplicitamente espressa dagli indagati stessi in una conversazione all’interno della chat, dove si ammette di aver commesso “reati” a causa delle pratiche adottate.La vicenda ha innescato una serie di reazioni legali. Una decina degli agenti indagati ha presentato ricorso al Riesame, al fine di ottenere il dissequestro dei propri telefoni, elemento chiave per le indagini in corso. L’inchiesta solleva interrogativi profondi sull’etica professionale, sulla formazione del personale di polizia e sui meccanismi di controllo interni, mettendo in luce la necessità di una revisione radicale delle procedure e dei valori che guidano l’azione di chi deve garantire la sicurezza e la legalità. La vicenda rappresenta una ferita alla fiducia dei cittadini nelle istituzioni e richiede una risposta trasparente e incisiva per ripristinare l’integrità del servizio pubblico.
Genova: Inchiesta Shock sulla Polizia Locale, Abusi e Violenza
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