martedì 29 Luglio 2025
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Genova, indagine per revenge porn: coinvolti notaio e medico

L’apertura di un’indagine a Genova da parte della Procura evidenzia una grave violazione della privacy e una potenziale escalation di comportamenti lesivi, culminando in una querela per revenge porn.
Il caso, che coinvolge un notaio, un medico, il titolare di un locale di Bogliasco e due donne, solleva interrogativi complessi sul consenso, la responsabilità professionale e le dinamiche relazionali nell’era digitale.

L’evento scatenante è la diffusione non autorizzata di immagini private, ritratte durante una cena intima consumata a inizio giugno.

La vittima, tutelata legalmente, ha sporto denuncia dopo aver appreso della circolazione delle foto su piattaforme di messaggistica istantanea come WhatsApp, manifestando un profondo trauma e una grave compromissione della sua reputazione.
Le dinamiche ricostruite fanno emergere un quadro di progressiva perdita di controllo da parte del notaio, presunto responsabile della diffusione delle immagini.

Inizialmente presente alla cena in compagnia del medico e di un’amica, il gruppo si allarga con l’aggiunta del proprietario del locale e della sua compagna.
Il passaggio da un contesto di socializzazione a momenti di intimità, immortalati dal telefonino del notaio, segna un punto di non ritorno.

La successiva condivisione delle foto con un collega e, potenzialmente, con altri soggetti, costituisce una violazione inequivocabile del diritto alla riservatezza e dell’altrui dignità.
La denuncia è conseguita ad un confronto con il notaio, il quale ha ammesso di aver condiviso le immagini con un amico.
Questa ammissione, unita alla gravità delle ripercussioni sulla vittima, ha reso inevitabile l’avvio dell’azione legale.

La Procura ha delegato l’inchiesta all’aliquota della polizia di Stato del tribunale, che ha avviato una serie di interrogatori ai protagonisti della vicenda.
Le indagini hanno rivelato elementi aggiuntivi di rilevanza, tra cui l’emergere di episodi di consumo di sostanze stupefacenti per uso personale, sollevando ulteriori questioni relative alla condotta dei soggetti coinvolti.
Il notaio, in quanto presunto responsabile della diffusione non consensuale delle immagini, rischia una pena che varia da uno a sei anni di reclusione, oltre a potenziali risarcimenti danni per la vittima.

Il caso, al di là delle conseguenze legali per il professionista, rappresenta un campanello d’allarme sulla necessità di una maggiore consapevolezza dei limiti della privacy nell’era digitale, sull’importanza del consenso esplicito nella condivisione di immagini intime e sulla responsabilità di chi, abusando di strumenti tecnologici, viola la dignità altrui.
L’incidente mette in luce una problematica sociale sempre più diffusa, che richiede un’azione concertata da parte delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della società civile per prevenire e contrastare tali comportamenti.

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