Nel corso della requisitoria del processo per il crollo del Ponte Morandi, il pubblico ministero Marco Airoldi, affiancato dal collega Walter Cotugno, ha sollevato un quadro inquietante riguardo alle responsabilità e alla consapevolezza all’interno di Autostrade per l’Italia.
L’attenzione si è concentrata sulle figure di Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli, ex dirigenti apicali dell’azienda concessionaria, i quali, secondo l’accusa, possedevano una conoscenza approfondita e una competenza formale, ma anche una pratica diretta, in merito alla sorveglianza e alla manutenzione del viadotto.
Le rivelazioni cruciali sono emerse dall’analisi di conversazioni digitali, in particolare chat interne, e dalle registrazioni segrete ottenute durante le riunioni che Donferri Mitelli tenne con uno degli imputati.
Questi documenti, a detta della Procura, dipingono un quadro di piena consapevolezza dello stato di degrado critico del ponte, contrastante con le azioni – o, più precisamente, la mancanza di azioni – intraprese per prevenire la tragedia che il 14 agosto 2018 causò la perdita di 43 vite umane.
L’accusa ha focalizzato l’attenzione sull’obbligo derivante dalla conoscenza di tale stato di fatto: l’onere di avviare, con la dovuta urgenza, il progetto di retrofit delle pile 9 e 10, un intervento essenziale che non vide mai la luce.
Non si trattava semplicemente di prendere coscienza del problema, ma di tradurre questa consapevolezza in un’azione concreta, assumendosi la responsabilità di garantire la stabilità e la sicurezza del viadotto durante la fase di intervento, un compito cruciale che, a detta della Procura, venne trascurato.
L’analisi della condotta dei singoli imputati ha evidenziato come, anche coloro che intrapresero qualche azione, lo fecero con una lentezza e una mancanza di diligenza incompatibili con la gravità della situazione.
La Procura ha sottolineato come questa inerzia, questa mancanza di tempestività, abbia contribuito direttamente al verificarsi della catastrofe.
Il processo, che si avvia verso una fase cruciale, è caratterizzato da complesse dinamiche logistiche.
La concomitanza con il Salone Nautico di Genova ha reso necessario limitare le udienze a soli due giorni la settimana, per consentire agli avvocati, la maggior parte dei quali provenienti da fuori regione, di trovare alloggio.
Si prevede che le richieste di condanna formali saranno presentate a metà ottobre, seguite dalle argomentazioni dei legali delle parti civili.
A quel punto, i giudici disporranno un rinvio significativo per consentire agli avvocati difensori degli imputati di preparare le arringhe finali, un passaggio fondamentale per esaminare a fondo le accuse e formulare le proprie controdeduzioni.
Il processo si prospetta dunque lungo e complesso, volto a fare luce sulle responsabilità e a garantire giustizia per le vittime e i loro familiari.