martedì 2 Settembre 2025
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Ordinanze belliche in Liguria: rischio per il rigassificatore di Panigaglia.

Nel Golfo della Spezia, una scoperta inattesa ha riportato alla luce un capitolo oscuro del passato bellico, sollevando interrogativi cruciali sulla sicurezza di un’infrastruttura energetica strategica per l’Italia.

Durante lavori di manutenzione marittima condotti dalla Cesub srl in un’area situata tra La Spezia e Porto Venere, sono stati individuati due ordigni bellici presumibilmente risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.

La scoperta, avvenuta nelle immediate vicinanze della Baia di Panigaglia, dove si erge il rigassificatore operato da Snam, ha innescato una serie di azioni immediate per garantire la sicurezza della navigazione e della popolazione.

La Capitaneria di Porto ha prontamente istituito una zona di interdizione marittima, un perimetro di sicurezza di 500 metri attorno al sito del rinvenimento, in attesa delle operazioni di disinnesco e rimozione degli ordigni.

Questa misura precauzionale è volta a prevenire potenziali rischi per le imbarcazioni e per l’ambiente circostante, sottolineando la delicatezza della situazione.
Il rigassificatore di Panigaglia riveste un’importanza nazionale considerevole.
Costruito nel 1971, rappresenta l’unica struttura di rigassificazione a terra presente sul territorio italiano, un elemento chiave per la diversificazione delle fonti energetiche e la sicurezza degli approvvigionamenti.

L’impianto accoglie navi metaniere provenienti da diversi paesi, ricevendo il gas naturale liquefatto, raffreddato a temperature estremamente basse (-60°C circa), per poi stoccarlo in serbatoi di notevole capacità (50.000 metri cubi ciascuno).

Successivamente, il gas viene rigassificato e immesso nella rete di distribuzione per alimentare il Nord Italia.

Un sistema di trasferimento via traghetto, con l’utilizzo di camion cisterna, assicura inoltre l’approvvigionamento di aree non direttamente collegate alla rete principale.

L’evenienza ha inevitabilmente riacceso un acceso dibattito sulla sicurezza dell’impianto, alimentato da anni di preoccupazioni espresse da un comitato di cittadini locali.

Queste preoccupazioni si concentrano sulla prossimità del rigassificatore all’abitato e sulla potenziale vulnerabilità in caso di incidenti, amplificando la richiesta di una dismissione dell’impianto a favore di soluzioni alternative, più sostenibili e meno rischiose per la comunità.
La scoperta degli ordigni rappresenta dunque un punto di svolta, un’occasione per rivalutare criticamente il rapporto tra infrastrutture energetiche, sicurezza e impatto socio-ambientale, e per definire un futuro energetico più sicuro e rispettoso del territorio.

La vicenda sottolinea l’importanza di una gestione integrata del rischio, che tenga conto non solo degli aspetti tecnici, ma anche delle sensibilità e delle aspettative delle comunità locali.

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