L’inaugurazione del primo palo da pole dance pubblico in Liguria, ad Alassio, ha generato un acceso dibattito, proiettando la cittadina savonese al centro di una riflessione più ampia sul rapporto tra sport, spettacolo, cultura e rappresentazione del corpo.
L’iniziativa, parte di un complesso intervento ginnico-sportivo da oltre 600.000 euro finanziato con fondi comunali e regionali, ha scatenato reazioni contrastanti, incarnando le tensioni tra chi vi vede un’opportunità di sviluppo e valorizzazione di una disciplina emergente e chi, al contrario, percepisce un’incongruenza o addirittura una degradazione del paesaggio culturale locale.
La pole dance, nata come espressione artistica e performativa in contesti notturni, spesso connotati da ambiguità e sensualità, si erge ora a simbolo di una città che tenta di reinventarsi, di proiettarsi verso il futuro abbracciando nuove forme di espressione sportiva.
Questa trasformazione, tuttavia, non è priva di critiche.
La scrittrice Dolores D’Avanzo, con toni severi, denuncia la progressiva perdita di valori, la sottomissione a logiche di puro spettacolo e la confusione tra una disciplina sportiva in evoluzione e le sue origini, intrinsecamente legate a un immaginario di seduzione e performance di genere.
La sua argomentazione solleva interrogativi profondi sul significato dell’innovazione e sui rischi di una modernizzazione superficiale, che sacrifica la sostanza sull’altare dell’apparenza.
Il sindaco di Alassio, Marco Melgrati, difende l’iniziativa, sottolineando la necessità di distinguere nettamente la pole dance come disciplina sportiva, riconosciuta e tutelata da una federazione affiliata al CONI e con aspirazioni olimpiche, dalla lap dance, una performance di intrattenimento di diversa natura.
Il sostegno alla pole dance, a suo dire, è un atto di valorizzazione di una realtà locale consolidata, una scuola di pole dance che merita di essere promossa e incentivata.
L’episodio alessino apre un ventaglio di riflessioni complesse.
La pole dance, infatti, incarna un fenomeno culturale più ampio, che investe il rapporto tra corpo, performance e identità.
Il suo percorso, dalla marginalità dei night club alla potenziale inclusione nel panorama sportivo olimpico, riflette l’evoluzione dei gusti, delle sensibilità e delle rappresentazioni del femminile.
La pole dance non è solo un esercizio di forza e flessibilità fisica, ma anche una forma d’espressione artistica che può veicolare messaggi complessi e stimolare il dibattito su temi cruciali come l’empowerment femminile, la performance di genere e la ridefinizione dei confini tra sport e spettacolo.
L’inaugurazione del palo di Alassio, quindi, diventa un catalizzatore di un dialogo più ampio, che invita a interrogarsi sul ruolo delle istituzioni, sulla responsabilità culturale delle scelte pubbliche e sulla necessità di promuovere un’innovazione consapevole, che rispetti i valori fondanti della comunità e che sappia coniugare tradizione e progresso in un equilibrio dinamico e sostenibile.
La sfida è quella di comprendere e valorizzare la complessità di un fenomeno come la pole dance, al di là di pregiudizi e semplificazioni, riconoscendone le potenzialità e mitigandone i rischi.







