L’occupazione dell’Università di Genova, iniziata il 22 settembre, si è trasformata in un conflitto aperto, segnato da accuse reciproche e tentativi di delegittimazione.
Lungi dall’ottenere risposte concrete alle rivendicazioni presentate, il collettivo “Cambiare Rotta” si è trovato a fronteggiare denunce formali per presunto vilipendio e interruzione di servizi pubblici, formulate direttamente dal Rettore.
Le richieste degli studenti, formulate con chiarezza e determinazione, mirano a una profonda revisione delle politiche accademiche, ritenute inaccettabilmente allineate con interessi geopolitici controversi.
In particolare, si chiede la cessazione immediata di ogni forma di collaborazione tra l’Università e le industrie coinvolte nel settore bellico, una decisione che si estende alla dismissione del bando Maeci, percepito come uno strumento che perpetua e sostiene politiche di apartheid sionista.
Al centro delle istanze vi è anche una ferma e incondizionata presa di posizione a favore del popolo palestinese e un sostegno attivo all’operazione umanitaria “Global Sumud Flottila”, un’iniziativa volta a rompere l’assedio alla Striscia di Gaza.
Il tentativo di instaurare un dialogo costruttivo è stato frustrato da un muro di silenzio e chiusura, generando un clima di crescente tensione.
Le accuse mosse agli occupanti, definendoli responsabili del blocco dei pagamenti delle borse di studio per i dottorandi, appaiono come un’operazione deliberata volta a creare divisioni e screditare il movimento.
La RSU USB ha offerto la propria mediazione, cercando di facilitare l’accesso ai documenti necessari, un gesto che testimonia la volontà di trovare una soluzione pacifica e di garantire la continuità degli studi.
La campagna diffamatoria si estende oltre i confini dell’ateneo, coinvolgendo figure istituzionali come la Ministra Bernini, che attraverso i social media e apparizioni televisive ha contribuito a creare un clima di ostilità e minacciato ritorsioni.
Questo atteggiamento, secondo gli studenti, rivela una volontà di soffocare il dissenso e impedire un confronto aperto e onesto.
Nonostante le pressioni e le accuse, il collettivo “Cambiare Rotta” mantiene salda la propria determinazione, confermando l’intenzione di proseguire l’occupazione “ad oltranza”.
Il crescente sostegno da parte della cittadinanza, manifestato anche attraverso cortei e iniziative di solidarietà, rafforza la convinzione che le loro rivendicazioni rispondano a una crescente preoccupazione per l’etica e la responsabilità delle istituzioni accademiche in un contesto geopolitico complesso e conflittuale.
La sfida, ora, è quella di superare la chiusura e l’ostilità e avviare un dialogo vero e costruttivo, volto a garantire un futuro universitario più giusto e in linea con i valori di pace, solidarietà e impegno sociale.