Il futuro dello stabilimento siderurgico di Genova Cornigliano, un tempo cuore pulsante dell’ex Ilva, appare ora delineato da un progetto industriale di Jindal Steel, multinazionale indiana, che si discosta significativamente dalle previsioni iniziali.
L’assenza di un forno elettrico nel piano di rilancio, come emerso da un incontro riservato tra i vertici aziendali e la sindaca di Genova, Silvia Salis, rappresenta una svolta strategica con implicazioni profonde per l’area e la sua comunità.
Questa decisione, comunicata in un momento di particolare sensibilità, alla vigilia di manifestazioni di dissenso da parte dei comitati civici locali, segnala una rinnovata, e questa volta più concreta, manifestazione di interesse di Jindal Steel per l’acquisizione degli impianti.
L’azienda, che ha già tentato, senza successo, di aggiudicarsi l’ex Ilva in precedenza, perdendo la sfida prima contro ArcelorMittal e poi contro Baku, sembra voler approcciare questa nuova fase con un piano più definito e, forse, più facilmente condivisibile con le parti interessate.
Il bando di gara, promosso dal Governo e incentrato su un piano di decarbonizzazione, richiede la presentazione delle manifestazioni di interesse entro il 15 settembre.
Oltre a Jindal, sono attualmente in corsa sei soggetti: Baku, Bedrock, Marcegaglia, Eusider e Sideralba, ciascuno con le proprie strategie e visioni per il futuro della siderurgia italiana.
L’obiettivo del Ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, è quello di assegnare la gara entro novembre, un termine che impone una rapida e incisiva valutazione delle proposte presentate.
Durante l’incontro con la sindaca Salis, i dirigenti di Jindal hanno confermato il loro impegno a investire nello stabilimento genovese, specificando che la sua vocazione non sarà quella della produzione di acciaio primario, ma della sua lavorazione.
Questa scelta implica un riposizionamento dell’impianto, che si integrerebbe con la catena di produzione in maniera complementare, attingendo materiale grezzo dallo stabilimento di Piombino.
Proprio a Piombino, Jindal si è impegnata in un significativo investimento iniziale di 143 milioni di euro per la riqualificazione delle linee produttive, un segnale tangibile della volontà di creare un ecosistema industriale coeso e competitivo.
La rinuncia al forno elettrico, tuttavia, solleva interrogativi sulla capacità dello stabilimento di Cornigliano di rispondere alle sfide della transizione ecologica e di competere in un mercato globale in rapida evoluzione.
La decarbonizzazione dell’acciaio richiede infatti l’adozione di tecnologie innovative e, spesso, l’utilizzo di forni elettrici alimentati da fonti rinnovabili.
La scelta di Jindal, pur comprensibile alla luce delle esigenze di fattibilità economica e di accettabilità sociale, potrebbe limitare la flessibilità e la competitività dello stabilimento genovese nel lungo periodo, richiedendo un’attenta valutazione delle alternative e delle strategie di mitigazione.
Il futuro di Cornigliano è dunque appeso a un filo sottile, sospeso tra la necessità di un rilancio concreto e le aspettative di una comunità desiderosa di riscatto e di un futuro sostenibile.