La potenziale interruzione della navigazione nello Stretto di Hormuz da parte dell’Iran rappresenta uno scenario di profonda incertezza per l’economia globale, con implicazioni dirette e potenzialmente devastanti per il commercio internazionale, lo shipping e, in particolare, per l’Italia. Lungi dall’essere un mero evento logistico, si tratta di un detonatore geopolitico capace di innescare una reazione a catena con conseguenze economiche e sociali di vasta portata.Stefano Messina, presidente di Assarmatori, ha delineato con chiarezza i rischi connessi a tale scenario. Lo Stretto di Hormuz, arteria vitale per il trasporto marittimo, gestisce volumi impressionanti: il 20% del petrolio mondiale e il 30% del Gas Naturale Liquefatto (GNL) transitano attraverso le sue acque. Questi flussi, essenziali per l’approvvigionamento energetico di intere regioni, sono diretti principalmente verso i mercati asiatici, Cina e India in primis, che si troverebbero immediatamente colpiti da una drastica riduzione delle forniture.Tuttavia, la gravità della situazione trascende i confini asiatici. Anche i principali esportatori di petrolio e GNL, Iran, Arabia Saudita e Qatar, subirebbero un impatto significativo, paradossalmente innescando una crisi all’interno dei paesi produttori. L’Europa, e l’Italia in particolare, si troverebbe a fronteggiare un’ulteriore ondata inflazionistica, con prezzi dell’energia destinati a raggiungere livelli record, con un conseguente aumento generalizzato dei costi dei beni di consumo.La vulnerabilità dell’Italia non si limita all’aumento dei costi energetici. L’export italiano verso i Paesi del Golfo, che ha registrato una crescita notevole negli ultimi anni, verrebbe pesantemente penalizzato. Questo interscambio, che ammonta a 32,6 miliardi di euro, equamente suddiviso tra import ed export, si troverebbe improvvisamente compromesso, con ripercussioni sull’industria manifatturiera italiana e sulla sua capacità di competere sui mercati internazionali.L’industria dello shipping, già provata dalle recenti tensioni nello Stretto di Bab el-Mandeb e nel Canale di Suez, causate dagli attacchi degli Houthi, si troverebbe nuovamente al centro di una crisi che mette in discussione la stabilità delle rotte commerciali e la sicurezza delle operazioni. Questo scenario non è solo una questione di logistica; è una sfida geopolitica che mette a nudo le fragilità di un sistema economico globalizzato, dipendente da poche, cruciali vie di transito.La chiusura dello Stretto di Hormuz andrebbe al di là di un semplice blocco commerciale; rappresenterebbe un punto di svolta, un catalizzatore di instabilità che potrebbe rimodellare gli equilibri di potere a livello mondiale, con ripercussioni imprevedibili per la sicurezza energetica, la crescita economica e la stabilità politica del pianeta. La gestione di una situazione del genere richiederebbe una risposta diplomatica coordinata e una revisione radicale delle strategie di approvvigionamento energetico, con un focus maggiore sulla diversificazione delle fonti e sullo sviluppo di infrastrutture alternative.
Hormuz: rischio interruzione, l’Italia a rischio.
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