Ilva Genova: La Resistenza Contro la Sospensione e per il Futuro Industriale

La vertenza Ilva a Genova si trasforma in un fronte di resistenza, un grido di allarme che risuona ben oltre i cancelli dello stabilimento.
Il presidio davanti alla stazione di Cornigliano non è una semplice manifestazione, ma l’espressione di una comunità industriale che si sente minacciata in un punto cruciale della sua esistenza, un punto nodale per l’economia nazionale.
Le parole di Armando Palombo, rappresentante dei lavoratori, svelano la gravità della situazione: un governo che intende perseguire una determinata linea di azione dovrà confrontarsi con una risposta ferma e determinata.
L’interruzione delle attività giovedì non è stata casuale, ma un segnale, un monito che chiede un intervento immediato, un supporto concreto.

“Dalla nostra parte c’è la ragione”, sottolinea Palombo, incarnando la convinzione di agire nell’interesse di un territorio che ha saputo mantenere vivo un patrimonio industriale di inestimabile valore.

La riunione al Mimit si è rivelata un fallimento, un’occasione mancata per trovare una soluzione condivisa, una via d’uscita che preservi il futuro dell’Ilva e dei suoi lavoratori.

L’offerta presentata è stata giudicata inadeguata, insufficiente a rispondere alle reali esigenze del sito genovese.
La richiesta è chiara: il ritorno a Genova di 200.000 tonnellate di rotoli di acciaio da zincare, un vol ume che permetterebbe di ristabilire un equilibrio produttivo e di garantire la continuità operativa degli impianti.

Il confronto con Taranto, che produce 1,5 milioni di tonnellate, evidenzia una dislocazione delle risorse che penalizza il sito ligure, privandolo di un elemento essenziale per la sua sopravvivenza.
Nicola Appice, rappresentante della Fim Cisl, pone l’accento sulle conseguenze drammatiche del piano in discussione: una paralisi della produzione di banda zincata, che costituisce i due terzi dell’attività dello stabilimento, con ripercussioni gravissime sull’occupazione e sull’economia locale.

Le rassicurazioni del ministro Urso sono percepite come un mero espediente per allentare la tensione, un “contentino” volto a prevenire proteste immediate, ma insufficiente a risolvere il problema di fondo.
Antonio Apa, segretario regionale dell’Uilm, critica aspramente la gestione della vertenza da parte del governo, evidenziando il fallimento nella cessione dell’ex Ilva.

La fase di relativa stabilità dei conti pubblici non deve tradursi in una mancanza di responsabilità, ma in un’azione decisa per individuare una cordata italiana, con la partecipazione diretta dello Stato, in grado di sostenere il settore siderurgico.

L’acciaio non è un mero commodity, ma un pilastro fondamentale per le infrastrutture, la manifattura e la sicurezza economica nazionale.
Rinunciare a un’industria siderurgica solida significa condannare il Paese a un’irrilevanza industriale, a una perdita di autonomia strategica.
La richiesta è un appello all’unità: un fronte comune di lavoratori, sindacati, istituzioni e cittadini per scongiurare un disastro annunciato, un “massacro” dell’occupazione e dell’industria italiana.
Non si tratta solo di salvare un singolo stabilimento, ma di difendere un modello di sviluppo basato sulla produzione, sull’innovazione e sulla sicurezza economica nazionale.

La battaglia per l’Ilva a Genova è una battaglia per il futuro dell’Italia.

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