I nuovi centri di accoglienza per i migranti in Albania, l’opacità dei trasferimenti e le polemiche con la Corte Europea

Il centro migranti di Gjader sorge come un gigantesco monolite di cemento immerso nelle campagne albanesi, dove si susseguono poche fattorie isolate e cave dismesse. Il silenzio è rotto soltanto dal rumore dei trattori o dai furgoni modificati ad autobus che percorrono la strada dissestata, sotto un cielo che non promette nulla di buono. Due ciclisti si voltano istintivamente verso il grande cancello grigio, attirati dal suono sordo della chiusura. Sarà quello lo stesso rumore che seguirà l’ingresso dei 40 migranti in arrivo dall’Italia domani, provenienti dal Cpr di Brindisi e imbarcati sulla nave Libra, forse per l’ultimo impiego sotto bandiera italiana.La decisione del governo italiano di trasferire i migranti sull’altra sponda dell’Adriatico si ripete per la quarta volta. La novità risiede nel decreto approvato lo scorso 28 marzo, che consente il trasferimento non solo dei richiedenti asilo intercettati in mare ma anche degli irregolari cui è stato consegnato il decreto di espulsione e un giudice ha convalidato la permanenza in un Cpr. Nella struttura tutto sembra essere pronto, tranne che non siano ancora chiare le date del trasferimento e le nazionalità dei 40 migranti in arrivo.”Riscontriamo una grande opacità”, hanno denunciato Francesco Ferri, attivista di ActionAid e membro del tavolo Asilo e Immigrazione, che ha visitato il centro insieme alla deputata del Pd Rachele Scarpa. “Il livello di opacità è ulteriormente aumentato con il cambio di destinatari di questa struttura”, ha sottolineato Ferri. Dello stesso parere anche la deputata, che ha evidenziato l’indeterminatezza delle informazioni a disposizione: “Non sappiamo quando arriveranno, da quale Cpr provengono o di che nazionalità sono”. L’unica certezza è che si tratta di 40 persone.L’eccedenza del governo italiano è accompagnata dall’eco delle conclusioni della Corte di giustizia europea sul protocollo Italia-Albania, pubblicato proprio alla vigilia dell’ennesimo trasferimento. Uno Stato membro può designare Paesi d’origine sicuri mediante atto legislativo, come ha fatto l’Italia, ma c’è un “ma” fondamentale: lo Stato in questione deve anche divulgare le fonti di informazione utilizzate per la designazione. Un parere non vincolante, mentre Bruxelles attende la sentenza della Corte, prevista tra fine maggio e inizio giugno.In attesa delle decisioni giudiziarie e delle polemiche, il centro di Gjader si prepara ad accogliere i primi migranti. L’area può contenere 48 persone al momento ma diventerà 144 con l’ampliamento della struttura. “Se i Cpr funzionano”, ha difeso la decisione del governo il direttore centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle frontiere, Claudio Galzerano, in audizione in Commissione Affari costituzionali, “avere un 15% di posti in più rispetto alla disponibilità teorica diventa fondamentale per facilitare il numero dei rimpatri”. In Italia sono 10 i Centri, con una disponibilità teorica di 1.400 ma quella effettiva è di poco più di 700 a causa della devastazione e della frequente necessità di rimpatri.Mentre le nubi mantengono la promessa, il cielo si copre e le gocce di pioggia cominciano a ticchettare sull’acciaio delle recinzioni del centro migranti. Un contadino ripone il rastrello nella sua fattoria senza recinzioni, scacciato dalla tettoia in legno.

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