Il declino del Toro: proteste, fratture e la necessità di un cambiamento radicale

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02 settembre 2024 – 09:45

Dopo diciannove anni esatti dalla sua nomina a presidente del Torino, avvenuta quasi per caso e a costo zero grazie all’intervento dei lodisti che lo salvarono dal fallimento di Cimminelli, il patron osserva la sua creatura da lontano, senza presenziare in tribuna durante le ultime quattro partite. La contestazione che si è levata fuori dallo stadio il 25 agosto scorso ha sorpreso tutti per la sua fermezza ma anche per la civiltà con cui è stata condotta, diventando un punto di svolta che paradossalmente ha rafforzato il legame della tifoseria con la squadra allenata da Vanoli. Le vittorie contro Atalanta e Venezia, unite alla prestazione sfiorata contro il Milan a San Siro nella prima giornata di campionato, hanno dato una spinta determinante al nuovo corso del Toro: non solo in classifica in Serie A, ma soprattutto nel cuore dei tifosi che apprezzano lo spirito di gioco e i valori trasmessi dalla squadra.La protesta costante della tifoseria è stata alimentata dalle dichiarazioni di Vanoli dopo la cessione di Bellanova, evidenziando una profonda frattura tra l’allenatore e il presidente Cairo. Quest’ultimo si appresta a diventare a dicembre il presidente più longevo nella storia del Torino, superando una figura storica come Pianelli con i suoi 7.030 giorni alla guida del club granata. Tuttavia, l’entusiasmo che animava i tifosi nel settembre del 2005 sembra ormai svanito, trasformandosi in una protesta persistente sia negli stadi con striscioni e cori di richiesta di cessione della società, sia sul web dove impazza la canzone “Cuore in prestito con diritto di riscatto” generata dall’intelligenza artificiale.La situazione critica è accentuata dalle numerose sconfitte accumulate sotto la gestione Cairo: non solo le 23 perdite su 30 derby disputati pesano sul bilancio della squadra granata, ma anche il rendimento complessivo in Serie A mostra un saldo negativo con soli 177 successi su 573 partite disputate. Sebbene nel 2015 si sia toccato l’apice con gli ottavi raggiunti in Europa League, oggi emerge chiaramente la necessità di un cambiamento radicale.

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