La questione della custodia chiusa per i detenuti di Alta sicurezza rappresenta un tema delicatissimo, caratterizzato da una duplice preoccupazione: da un lato, la necessità di garantire il mantenimento dell’ordine e della sicurezza all’interno delle carceri; dall’altro, il rischio concreto di violazioni dei diritti fondamentali degli imputati detenuti. È questo, in estrema sintesi, l’esito del dibattito sorto intorno alla circolare emanata dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), datata 27 febbraio scorso e pubblicata sul quotidiano Il Fatto.La soluzione scelta dalla direzione penitenziaria è quella di installare porte blindate, censite con numeri progressivi a partire da P1 fino a P20, all’interno dei reparti in cui sono detenuti i condannati per reati gravi. È importante notare che, come risulta dall’elaborazione delle fonti, il problema non riguarda solo la sicurezza e la prevenzione degli evasioni; tuttavia si è aperto anche un dibattito in ordine alla mancata assicurazione dei dovuti requisiti di diritto per i detenuti ristretti al P1, vale a dire l’isolamento. Secondo gli esperti la circolare Dap non chiarisce quando una condanna sia qualificabile come “reato gravi” e dunque comporterà il colloquio in locali chiusi; in secondo luogo, le autorità penitenziarie si sono attivate con un’ordinanza della Regione, che ha prescritto la detenzione delle persone sospettate di crimini di reato.
Il dibattito sulla custodia chiusa per i detenuti di alta sicurezza: bilancio tra ordine e diritti
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