Impatto del cambiamento climatico sugli ecosistemi alpini: uno studio nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.

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Un’importante ricerca condotta nel suggestivo Parco Nazionale del Gran Paradiso, in stretta collaborazione con il prestigioso dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, ha messo in luce l’impatto significativo del cambiamento climatico sugli ecosistemi alpini. Questa indagine scientifica ha rivelato un’accelerazione senza precedenti nel processo di colonizzazione delle piante nelle aree precedentemente occupate dai ghiacciai, ormai in ritiro.Lo studio, recentemente pubblicato sul rinomato Botanical Journal of the Linnean Society, una prestigiosa rivista scientifica edita dalla Oxford University Press, si è concentrato su due diverse cronosequenze proglaciali. Queste aree, situate nelle valli di Cogne e Rhêmes, rappresentano fasi temporali distinte che spaziano da cinque a 165 anni dalla deglaciazione. Dopo cinque anni dall’inizio dell’osservazione, i ricercatori hanno esaminato nuovamente le stesse aree di studio permanente della vegetazione e hanno constatato un aumento sorprendente della ricchezza di specie e della copertura vegetale. Tale incremento è stato fino a 21 e 45 volte superiore rispetto alle previsioni modellistiche.Questa rapida espansione delle piante può compromettere la stabilità degli ecosistemi alpini e mettere a rischio la biodiversità locale. Le specie alpine tipiche delle elevate altitudini potrebbero trovarsi minacciate da piante più competitive provenienti da quote inferiori che fino a poco tempo fa non riuscivano ad adattarsi a queste condizioni così estreme.Il ritiro dei ghiacciai lascia dietro di sé terreni esposti e instabili che necessitano urgentemente di essere colonizzati dalle piante per stabilizzare il suolo e prevenire fenomeni erosivi. L’insediamento rapido delle piante può contribuire notevolmente a ridurre i rischi legati alle colate detritiche e alle alluvioni, come dimostrato dagli eventi recentemente verificatisi nella valle di Cogne. Al contrario, se il processo di colonizzazione è lento o non avviene affatto, il terreno rimane vulnerabile agli agenti atmosferici e ai fenomeni naturali avversi, con conseguente aumento dei pericoli ambientali.

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