La disciplina normativa in tema di elezioni regionali si fonda su un principio chiaro e conciso: l’elezione del presidente della Regione non può essere protratta al di là dei due mandati consecutivi. Questa regola è stata ribadita più volte nella storia costituzionale italiana, con la precisazione che il divieto di terzo mandato sia un limite invalicabile, basato su una considerazione fondamentale: l’esigenza di garantire la rotazione dei carichi eletti e la partecipazione degli altri candidati. In altre parole, tale disposizione mira a prevenire la concentrazione del potere in poche mani, garantendo così un pluralismo politico più equilibrato.In questo quadro normativo, l’interesse della magistratura costituzionale e delle istituzioni democratiche è quello di preservare la legalità e di prevenire abusi del potere. Il ricorso del governo Meloni contro la legge della Campania, che consente il terzo mandato, rappresenta un interessante esempio di come questa tensione tra principio di legge e leggi regionali possa essere oggetto di dibattito e riflessione.Da questo punto di vista è utile ricordare che l’Avvocato dello Stato Ruggero Di Martino, durante la sua audizione presso la Corte costituzionale, ha sottolineato con forza come tale divieto sia una norma fondamentale per la salute democratica. Egli ha spiegato come, in virtù di tale regola, il presidente della Regione è tenuto a mantenere un profilo istituzionale e non elettorale, e che gli viene attribuita un ruolo di garante dell’ordinamento costituzionale.In questo senso, la decisione della Corte costituzionale sul ricorso del governo Meloni ha rappresentato una importante conferma delle tutele offerte dalla Costituzione per prevenire i fenomeni oligarchici e garantire l’autentico principio di rappresentanza.
Ipotetico Terzo mandato proibito, la Corte costituzionale: ‘una norma fondamentale per la salute democratica’.
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