31 gennaio 2025 – 23:45
La Gurit Italy di Volpiano, un tempo considerata uno stabilimento modello destinato a giocare un ruolo centrale nelle strategie di crescita del gruppo, si è rivelata essere un vero e proprio inganno. La decisione improvvisa di chiudere l’azienda e licenziare 56 lavoratori su 64, spostando la produzione in Cina senza preavviso e senza dichiarare alcuna crisi, ha scatenato la rabbia dei sindacati e dei dipendenti. L’azienda, attiva nel settore delle energie rinnovabili con sede principale in Svizzera, ha giustificato la sua mossa con il calo delle commesse e la crescente concorrenza cinese, oltre al costo elevato dell’energia in Italia.La fabbrica di Volpiano era specializzata nella produzione di componenti per turbine eoliche e panfili, un settore redditizio che aveva permesso all’azienda di espandersi in numerosi paesi tra cui Canada, Danimarca, Ecuador, Gran Bretagna, India, Messico, Nuova Zelanda, Polonia, Spagna, Stati Uniti, Turchia e ovviamente Italia. La notizia della chiusura è stata un fulmine a ciel sereno per i dipendenti che avevano appena siglato un accordo per avviare il ciclo continuo di turni.Il commento di Luigi Palopoli sottolinea che non si tratta solo di una crisi improvvisa ma di una scelta deliberata da parte dell’azienda. I sindacati hanno reagito prontamente indendo lo stato d’agitazione e organizzando una protesta per far sentire la propria voce contro questa decisione improvvisa e dannosa per i lavoratori. La delocalizzazione della produzione in Cina rappresenta un duro colpo per l’economia locale e mette in discussione le politiche aziendali volte alla crescita sostenibile.Questa vicenda evidenzia i rischi legati alla globalizzazione economica e alla concorrenza internazionale che possono minacciare posti di lavoro e comunità locali. È necessario adottare misure adeguate per proteggere i lavoratori dalle conseguenze negative della delocalizzazione indiscriminata delle attività produttive.