Il giudice per le indagini preliminari di Milano, Sara Cipolla, ha inviato la documentazione alla Corte Costituzionale affincheeacute; valuti la legittimità costituzionale del reato di assistenza al suicidio imputato a Marco Cappato per aver accompagnato due individui verso la morte in una clinica svizzera e per essersi autodenunciato a Milano. I casi coinvolgono il signor Romano, un ex giornalista e pubblicitario ottantaduenne confinato a letto da una grave forma di Parkinson, e la signora Elena Altamira, settantanovenne veneta affetta da cancro terminale. Inizialmente la Procura aveva richiesto l’archiviazione dei casi. La questione sollevata pone in discussione il delicato equilibrio tra il rispetto della libertà individuale e la tutela della vita umana, aprendo così un dibattito etico e giuridico di rilevanza nazionale. La Consulta dovrà esaminare attentamente se il reato contestato sia compatibile con i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione italiana, considerando anche le normative vigenti in altri Paesi europei in merito all’eutanasia e al suicidio assistito. Il caso di Marco Cappato solleva interrogativi profondi sulla fine della vita, sul diritto all’autodeterminazione delle persone malate e sulla responsabilità penale dell’aiuto altrui nel compimento di gesti estremi come il suicidio assistito. La decisione della Corte Costituzionale avrà conseguenze significative sulle future politiche legislative riguardanti il fine vita e potrebbe aprire nuovi scenari nel panorama giuridico italiano in materia di bioetica e diritti individuali.
“La Consulta valuterà la legittimità del reato di assistenza al suicidio: dibattito etico in Italia”
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