La decisione della Corte di Cassazione di annullare la confisca dei beni del ristoratore Antonio Raso, coinvolto nel processo Geenna sulla ‘ndrangheta in Valle d’Aosta, ha sollevato un’ondata di dibattiti e controversie. I suoi difensori, gli avvocati Ascanio Donadio ed Enrico Grosso, hanno impugnato con successo la sentenza della Corte d’appello di Torino che aveva già annullato una parte consistente del decreto di confisca. Questa decisione è stata presa dopo che una perizia contabile ha rivelato una sproporzione ingiustificata tra i beni e i redditi di Raso, mettendo in discussione le valutazioni della Direzione investigativa antimafia che aveva stimato il valore dei beni sequestrati a un milione di euro.La confisca originariamente disposta dal tribunale ordinario di Torino il 12 aprile 2021 riguardava non solo le quote del ristorante La Rotonda e un appartamento, ma anche un’autorimessa, due auto, tre conti correnti e carte prepagate. Tuttavia, la recente decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato parte di questa sentenza, restituendo a Raso due conti correnti e una quota dell’appartamento precedentemente confiscata.Nonostante questo sviluppo positivo per Raso sul fronte patrimoniale, il suo coinvolgimento nel processo Geenna lo ha portato a essere condannato a otto anni di reclusione al termine del processo d’appello-bis sul rito ordinario. La vicenda continua ad alimentare polemiche e interrogativi sulla gestione delle misure preventive nei confronti delle organizzazioni criminali come la ‘ndrangheta.
“La decisione della Corte di Cassazione su Raso: annullata confisca beni, dibattiti e controversie”
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