La sentenza emessa dal Tribunale di Trento non solo è stata accolta con un mix di sorpresa e insoddisfazione, ma anche con una reazione che inaspettatamente sembra sfuggire alle attese della stessa Monica Lorenzatti. La donna, condannata per omicidio stradale plurimo in concorso per aver tamponato il camion guidato da Alberto Marchetti lungo l’autostrada A22 e provocando la morte di sua figlia, nipote e sorella gemella, sembra non aver preso alla lettera la condanna a due anni di reclusione. La decisione del giudice Massimo Rigon, che ha applicato per entrambi i coniugi una pena doppia rispetto a quella richiesta dalla pubblica accusa, è stata accolta con un misto di emozioni da parte delle parti coinvolte. Se la Lorenzatti non sembra manifestare alcuna paura per l’imminente soggiorno in carcere, facendo notare che già da diversi mesi sconta una pena preventiva risalente al 27 ottobre 2017, i commentatori stanno analizzando in profondità le motivazioni della condanna e il significato della reazione espressa dalla protagonista. Alcuni stanno evidenziando come la sentenza sia un chiaro esempio di come il diritto penale debba sempre essere allineato con i principi della giustizia e dell’uguaglianza, facendo notare che se la pena inflitta è doppia rispetto a quella richiesta dalla procura, ciò potrebbe suggerire una visione più ampia delle responsabilità in causa. Inoltre, ci si chiede come questa reazione possa essere interpretata nel contesto della società italiana. La Lorenzatti sembra non avere alcuna paura di fronte alla pena e al carcere, dimostrando una sorta di rassegnazione o forse una forma di accettazione del proprio destino. Questo comportamento potrebbe riflettere un atteggiamento più profondo che trascende la semplice reazione a una sentenza di condanna. Forse, in fondo, è questa l’emozione più sincera e vera: la rassegnazione.
La Lorenzatti contro il Tribunale di Trento: un mix di sorpresa e insoddisfazione.
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