03 luglio 2024 – 17:40
La decisione della Procura di Napoli di interrompere il percorso di collaborazione con l’ex capoclan dei casalesi Francesco Schiavone, noto come Sandokan, ha destato scalpore nell’ambiente giudiziario. Dopo aver revocato il programma di protezione a cui era stato sottoposto, i pm anticamorra coordinati dal Procuratore Nicola Gratteri hanno ottenuto il via libera dal Ministero della Giustizia per il ritorno di Schiavone alla detenzione in regime di 41 bis.Sandokan, figura emblematica del crimine organizzato, è stato arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel maxi processo Spartacus per numerosi omicidi. Il suo pentimento era stato preceduto da quello dei figli Nicola e Walter, mentre Emanuele Libero e Carmine restano ancora in carcere. La moglie Giuseppina Nappa non si trova a Casal di Principe.Le speranze riposte nelle dichiarazioni di Sandokan si sono infrante quando gli inquirenti hanno constatato la mancanza di elementi investigativi utili nei suoi racconti. Si pensava che le sue rivelazioni potessero gettare luce su intricati misteri irrisolti, come l’omicidio del fondatore del clan Antonio Bardellino in Brasile nel 1988 o sui legami tra camorra e politica.Questa svolta ha generato un dibattito acceso sul ruolo dei collaboratori di giustizia e sull’effettiva utilità delle loro testimonianze. La decisione della Procura rappresenta un duro colpo per coloro che speravano in importanti rivelazioni da parte di Sandokan, ma allo stesso tempo conferma la fermezza delle istituzioni nel valutare attentamente ogni contributo alla ricerca della verità e alla lotta contro la criminalità organizzata.
