22 gennaio 2025 – 18:45
Paola Deffendi, con voce ferma e gli occhi colmi di dolore, ha scosso l’aula bunker di Rebibbia con le sue parole struggenti: “Mi sono chiesta ‘ma cosa ti hanno fatto Giulio?’ Sul suo corpo ho visto la bestialità, la brutalità. Lì capii che era stato torturato”. Il racconto della madre di Giulio Regeni, vittima di un tragico destino nelle mani di quattro agenti egiziani accusati di sequestro, tortura e omicidio nel gennaio del 2016 al Cairo, ha lasciato tutti attoniti davanti ai giudici della Corte d’Assise di Roma.Attraverso il suo coraggioso racconto, Paola ha dipinto un quadro vivido del tormento vissuto da suo figlio: dalla sua misteriosa sparizione alle angoscianti rivelazioni sul ritrovamento del corpo senza vita, fino alla devastante visita in obitorio per identificare il cadavere. Le sue parole risuonano come un grido di giustizia in un mondo dove l’impunità sembra regnare sovrana.La testimonianza di Paola Deffendi non è solo un atto d’accusa contro coloro che hanno privato Giulio della vita e della dignità umana, ma anche un monito contro l’ingiustizia e la violenza che ancora affliggono molte parti del mondo. La sua voce si erge come simbolo di speranza per tutte le vittime innocenti che gridano silenziosamente per essere udite e per vedere farsi luce sulla verità nascosta nei meandri dell’oscurità.In quell’aula silenziosa, le lacrime e il coraggio di Paola hanno reso tangibile il dolore insopportabile causato da un crimine tanto vile quanto inspiegabile. La sua determinazione nel perseguire la verità e la giustizia in memoria del figlio amato è un esempio luminoso di resilienza e dignità umana di fronte all’orrore più indicibile. Che la sua voce continui a risuonare forte nell’universo giudiziario e oltre, affinché nessuna madre debba mai più chiedersi quale orrore abbia colpito il proprio caro.