28 giugno 2024 – 22:20
Ivan Airola, un esperto rocciatore abituato a sistemare le reti di protezione sui sentieri di montagna, si era visto catapultato in una situazione inaspettata quando i carabinieri avevano scoperto davanti alla sua casa un campo con ben 370 piante di marijuana, tutte nel pieno della fioritura e alte quasi quanto i militari, rigogliose e di un verde intenso. La sua difesa era stata immediata: “Non spaccio. È per uso personale”. Tuttavia, la presenza nel ripostiglio di ben 109 foglie secche di cannabis lo aveva portato dritto in cella, segnando il 30 luglio 2019 come un giorno nero nella sua vita.Ma il destino sembrava volgere al peggio per lo scalatore, fino a quando il tribunale di Ivrea ha ribaltato la situazione assolvendolo dall’accusa di detenzione di droga ai fini di spaccio. Il medico che lo assisteva aveva giocato un ruolo fondamentale testimoniando che Ivan necessitava di una terapia farmacologica antidolorifica a seguito dell’amputazione del rene subita in seguito a un incidente in moto nel 2015.Questo evento tragico aveva spinto Ivan a riconsiderare la sua professione e ad abbandonare il lavoro troppo faticoso che svolgeva. Il tribunale ha riconosciuto la trasparenza con cui Ivan agiva, tanto da presentarsi spontaneamente in caserma annunciando le sue intenzioni: “Vi avviso che sto per coltivare un campo di marijuana”.Con oltre trecento piante nel suo giardino, dosi di hashish trovate nella camera da letto e foglie secche conservate nello sgabuzzino, Ivan è riuscito a dimostrare al tribunale che la sua coltivazione non era finalizzata allo spaccio ma all’uso personale. Un esempio che ha convinto tutti che è possibile agire correttamente anche in situazioni apparentemente compromesse.
