08 aprile 2024 – 01:32
La parola “cacicco” ha avuto un ruolo predominante nelle lotte di potere all’interno della sinistra italiana per tre decenni, diventando parte del linguaggio politico anche per Giuseppe Conte. Quest’ultimo l’ha utilizzata contro il Partito Democratico dopo gli eventi di Bari, sottolineando che oltre alla guerra civile, c’è solo l’invasione di un colonizzatore che si impadronisce del potere. Ma cosa significa esattamente “cacicco”? Originariamente usato in America centrale e meridionale per indicare il capo assoluto di una comunità indigena, nel contesto italiano rappresenta un potente locale che agisce indipendentemente dalle regole politiche e partitiche. Massimo D’Alema potrebbe essere considerato il precursore dell’uso traslato di questo termine, quando lo utilizzò nel 1997 per contrastare l’idea di un partito dei sindaci come guida del centrosinistra. Da allora, la parola “cacicco” è stata affiancata da altri termini spregiativi che descrivono chi detiene il potere locale: capobastone, signore delle tessere, campione delle preferenze, ras. Queste figure politiche hanno contribuito a cancellare le distinzioni tra coloro che fanno politica tramite tesseramento e coloro che ottengono voti sul territorio. Con l’introduzione delle liste bloccate nel 2006 e la fondazione del Partito Democratico nel 2007, i parlamentari dem hanno perso il contatto con la ricerca diretta del consenso popolare. La questione su chi sia veramente un cacicco o un bravo sindaco come Decaro in Puglia rimane aperta, poicheeacute; molte volte non ci si prende nemmeno la briga di distinguere tra diverse figure politiche, analogamente a quanto avviene nell’arena internazionale tra Trump e Biden.