Madre e figlio arrestati per sfruttamento di migranti in azienda agricola

Madre e figlio, titolari di un’azienda agricola di Teramo, sono stati coinvolti in un grave caso di sfruttamento di migranti reclutati tramite i social network. L’uomo, coordinatore dell’azienda, è stato posto agli arresti domiciliari mentre la donna ha ricevuto il divieto di dimora nel capoluogo. Le accuse mosse nei loro confronti includono intermediazione illecita e violazione dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro. Le indagini condotte dal nucleo carabinieri Ispettorato del lavoro di Teramo hanno portato all’emissione di misure cautelari richieste dalla pm Francesca Zani della Procura di Teramo e autorizzate dal giudice per le indagini preliminari Roberto Veneziani.I due imputati avrebbero reclutato due cittadini stranieri senza permesso di soggiorno, promettendo loro alloggio e uno stipendio irrisorio. Una volta intrappolati nell’accordo, i migranti sarebbero stati costretti a lavorare in condizioni disumane, minacciati continuamente di essere rimpatriati nel loro paese d’origine. Vivendo in una roulotte priva di acqua e servizi igienici nelle vicinanze della stalla aziendale, erano esposti a condizioni insalubri provenienti dalla concimaia.Durante il giorno venivano sfruttati come braccianti agricoli, mentre durante la notte dovevano fare da guardiani alla stalla. Durante una perquisizione dei carabinieri del Nil di Teramo è stato rinvenuto denaro nascosto da uno dei migranti fuggiti dall’azienda per evitare il furto. Inoltre sono state scoperte piante di marijuana e stupefacenti confezionati in più dosi.Le vittime del caporalato sono state assistite dai carabinieri con il supporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni dell’ONU e attualmente si trovano in una struttura protetta. Questo caso mette in luce l’importanza della lotta contro lo sfruttamento dei lavoratori vulnerabili e la necessità di garantire condizioni dignitose a tutti coloro che cercano opportunità lavorative nel nostro Paese.