“Madre e figlio: un dramma universale trasformato in arte”

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Nel cuore di una madre che rifiuta con tutte le sue forze la morte imminente del figlio, si dipana un dramma universale che attraversa i secoli e le culture, trasformandosi in una metafora potente del dolore dei migranti. “Nun ti scantari, nun ti scantari”, sussurra la madre al suo piccolo morente sulla croce, cercando di confortarlo con il calore delle sue braccia e l’eterna promessa di protezione. Questo struggente scenario è stato magistralmente interpretato da Filippo Arriva nei suoi versi siciliani antichi, che hanno ispirato la composizione dell’emozionante Stabat Mater da parte di Giovanni Sollima, diretto con maestria da Riccardo Muti per l’edizione XXVIII de Le vie dell’Amicizia.Il concerto tenutosi il 7 luglio al Pala De André ha segnato l’inizio di un trittico dedicato al tema dei migranti, proseguito con lo spettacolo teatrale “Non dirmi che hai paura” (Teatro Alighieri, 8 luglio) e culminato in un viaggio emozionante a Lampedusa. Qui, nel suggestivo Teatro naturale della cava, si è riproposto il concerto originario (9 luglio), immortalato dalle telecamere di RAI Cultura per essere trasmesso in prima serata l’8 agosto.L’incontro tra Arriva e Muti durante il difficile periodo della pandemia ha dato vita a un progetto artistico intenso e profondo. La fusione tra passato e contemporaneità emerge chiaramente nei versi scritti dal poeta siciliano, che mescolano elementi antichi con tematiche attuali legate alla sofferenza umana. L’ispirazione tratta dai quadri di Antonello da Messina ha arricchito ulteriormente il contesto visivo e sensoriale del lavoro artistico.La figura della madre addolorata che accompagna il figlio verso la morte diventa simbolo universale della tragedia umana: dalla Crocifissione di Cristo alle madri dei bambini morti sulle spiagge del Mediterraneo, il dolore e la disperazione sono costanti nella storia dell’umanità. La musica di Sollima ha saputo cogliere questa complessa gamma emotiva, alternando momenti intensi a dolci melodie che evocano antiche ninne nanne.Il mare circostante diventa testimone silenzioso delle tragedie umane causate dall’avidità e dall’indifferenza dell’uomo. La natura stessa sembra reagire al dolore universale: i fiori si appassiscono, l’Etna tace la sua furia eruttiva. Ma nell’incontro tra Muti e gli artisti coinvolti nel progetto si sprigiona una nuova energia creativa che dà vita a interpretazioni sorprendenti e coinvolgenti.In questo connubio tra arte antica e contemporanea, tra dialetto siciliano e lingua universale della musica, si cela la potenza evocativa di un messaggio universale: il dolore può trasformarsi in bellezza attraverso l’espressione artistica autentica e toccante.

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