L’episodio verificatosi a Milano, che coinvolge un artigiano egiziano residente in Brianza e operante a Milano, solleva interrogativi complessi relativi all’uso del simbolo nazista come veicolo di espressione politica e alla sua collocazione nel contesto urbano contemporaneo.
L’uomo è stato denunciato per minaccia aggravata da motivazioni di odio razziale, in seguito alla comparsa di una svastica, affiancata da un segno di uguaglianza e una stella di David, tracciata con spray rosso su un marciapiede in via Foppa, in prossimità dello studio del regista Ruggero Gabbai.
L’accaduto, prontamente segnalato dallo stesso Gabbai – autore del documentario ‘Liliana’ dedicato alla senatrice a vita Liliana Segre e già consigliere comunale del PD – si inserisce in un quadro più ampio di fenomeni inquietanti che stanno caratterizzando la città di Milano e l’area circostante.
Si tratta di un’escalation di atti vandalici che hanno visto la ripetuta apparizione di svastiche in luoghi significativi, come il quartiere ebraico di via Bartolomeo d’Alviano e i locali di Mediaset a Cologno Monzese.
Le indagini, condotte dal Nucleo Informativo dei Carabinieri, hanno portato a individuare l’artigiano come presunto responsabile di tutti questi episodi.
Pur manifestando simpatie per la causa palestinese, l’uomo non risulta collegato a organizzazioni estremiste strutturate, suggerendo un profilo di “lupo solitario” che utilizza il simbolismo nazista come forma di protesta, una sorta di provocazione ideologica volta a suscitare reazioni e a generare scompiglio nel tessuto sociale.
La scelta di affiancare la svastica a un simbolo di uguaglianza e alla stella di David denota una volontà di generalizzare l’odio, di estendere la condanna a diverse categorie identitarie, creando una sorta di effimera equivalenza tra diverse forme di oppressione.
Questa strategia comunicativa, per quanto disumanizzante e inaccettabile, mira a confondere i confini tra persecuzioni storiche e contemporanee, svilendo la gravità delle sofferenze patite da milioni di persone durante il regime nazista e le successive persecuzioni.
L’episodio evidenzia, inoltre, la persistenza di un’eredità ideologica problematica, alimentata da narrazioni distorte e da un’incapacità di elaborare compiutamente il trauma della Shoah.
La presenza di simboli di odio in spazi pubblici, sebbene punibile dalla legge, rappresenta un campanello d’allarme che richiede un impegno costante nella promozione dell’educazione alla memoria, del dialogo interculturale e della tolleranza, al fine di contrastare la riemersione di sentimenti di intolleranza e discriminazione.
La segnalazione tempestiva e l’intervento delle forze dell’ordine, unitamente alla denuncia pubblica da parte di figure come Ruggero Gabbai, hanno contribuito a garantire che l’atto non rimanesse impunito, ma la sua mera esistenza rimane una ferita aperta nel cuore della comunità milanese.






