Il progetto del campus universitario di Mind, il Milano Innovation District nato sulle ceneri dell’Espo, si trova al centro di una delicata polemica che coinvolge l’architetto Carlo Ratti, figura chiave nella sua ideazione.
La decisione di Ratti di distaccarsi pubblicamente dal progetto, espressa attraverso un’intervista al Corriere della Sera, solleva interrogativi sul rapporto tra visione creativa, vincoli normativi e compromessi necessari per la realizzazione di opere di vasta portata.
La divergenza nasce da una serie di modifiche imposte dalla Commissione Paesaggio, un organo competente in materia di tutela del territorio e pianificazione urbana.
Queste revisioni, a detta di Ratti, hanno profondamente alterato la concezione originale del campus, incidendo in particolare sulla quantità e qualità degli spazi verdi previsti.
Questa riduzione, secondo l’architetto, ne snatura l’anima e la filosofia progettuale, che mirava a integrare armoniosamente l’edificio con l’ambiente circostante, creando un’oasi di innovazione e sostenibilità.
La rettrice dell’Università degli Studi di Milano, Marina Brambilla, pur prendendo atto della scelta di Ratti, ha espresso una visione contrastante, sottolineando l’importanza del progetto per lo sviluppo del territorio e l’opportunità di innovazione che esso rappresenta.
La rettrice difende l’operazione complessiva, descrivendola come un’infrastruttura scientifica e tecnologica di alto livello, funzionale ed esteticamente valida.
La rettrice ha inoltre sottolineato la natura intrinsecamente complessa di progetti di tale portata, evidenziando che ogni opera deve necessariamente affrontare un percorso di approvazioni e revisioni, che include il vaglio della Commissione Paesaggio, la cui esistenza e competenze sono state effettivamente indicate dallo stesso architetto Ratti.
Questo passaggio, pur inevitabile, sembra aver innescato un conflitto tra la visione originaria e le necessità di conformarsi a normative e vincoli territoriali.
La vicenda pone una questione cruciale: fino a che punto un architetto può mantenere la propria integrità creativa di fronte alle esigenze di compromesso inerenti alla realizzazione di un’opera pubblica? La disputa evidenzia le tensioni tra l’aspirazione a creare spazi innovativi e funzionali e la necessità di rispettare le normative paesaggistiche e di pianificazione urbana, che spesso impongono scelte impopolari.
Il campus di Mind, ora, si trova a rappresentare un banco di prova per la capacità di conciliare visione architettonica e pragmatismo amministrativo, un equilibrio delicato che determinerà il futuro di questo importante polo di innovazione milanese.
L’impatto di questa vicenda sulla percezione del progetto e sulla fiducia dei cittadini è un fattore da monitorare attentamente.








