La recente proposta comunale per la riqualificazione dell’area di via San Dionigi ha suscitato un’aspra reazione dal Leoncavallo, espressione di una comunità che si percepisce profondamente esclusa da un processo decisionale che ne condiziona il futuro.
Il messaggio, diffuso sui canali social e ripreso dalla stampa locale, non è solo una critica alla specifica proposta, ma evoca una più ampia riflessione sul ruolo dell’innovazione urbana, della giustizia sociale e della partecipazione democratica.
L’area individuata dal Comune, in stato di abbandono e inagibilità, rappresenta ben più di una mera questione urbanistica.
Simboleggia una problematicità intrinseca: quella di un intervento che ignora i rischi per la salute pubblica, imposto su un territorio gravato da potenziali contaminazioni e richiedente accertamenti approfonditi.
Questa condizione di degrado non è casuale, ma il risultato di decenni di negligenza e speculazione, che hanno lasciato una ferita aperta nel tessuto sociale e ambientale del quartiere.
Le difficoltà incontrate in precedenza con i bandi di riqualificazione, che si sono risolti con risultati “deserti”, non sono un semplice fallimento tecnico, ma il sintomo di un problema più profondo: la distanza tra le esigenze della comunità e gli interessi economici di operatori esterni.
È altamente improbabile, secondo la prospettiva del Leoncavallo, che soggetti come Catella o De Corato manifestino un interesse genuino per un progetto che non garantisca profitti immediati e facilmente gestibili.
La mobilitazione del sabato scorso, testimoniata da una risposta numericamente significativa e concettualmente chiara, ha evidenziato un bisogno urgente di ascolto e di dialogo.
L’occupazione di spazi, spesso etichettata come “illegalità”, viene qui reinterpretata come una forma di redistribuzione della ricchezza, un atto di resistenza contro la gentrificazione e la concentrazione del potere economico nelle mani di pochi privilegiati.
In un contesto urbano sempre più polarizzato, l’accesso alla cultura e alla partecipazione democratica non può essere considerato un lusso, ma un diritto fondamentale.
L’imminente trasferimento delle associazioni e dei collettivi transgenerazionali del Leoncavallo genera incertezza e precarietà.
L’alternativa proposta, l’area di via Watteau, pur essendo dotata di infrastrutture adeguate e destinata ad attività sociali, non offre la continuità storica e la radicata identità che caratterizzano il Leoncavallo.
Il futuro rimane sospeso, in bilico tra la speranza di una soluzione equa e la paura di un’ulteriore marginalizzazione.
L’area di San Dionigi, giudicata inadeguata, rappresenta un monito: un invito a ripensare i criteri della riqualificazione urbana, ponendo al centro non gli interessi economici, ma le esigenze e le aspirazioni della comunità.
La vicenda del Leoncavallo è, in definitiva, una questione di giustizia sociale e di partecipazione democratica, un banco di prova per la capacità delle istituzioni di ascoltare e di rispondere alle voci dei cittadini.