La vicenda che ha coinvolto la giovane a San Zenone al Lambro ha portato a galla, con tragica chiarezza, una frattura profonda tra la percezione di sicurezza e la realtà urbana, anche in contesti apparentemente marginali.
Le parole della sindaca Arianna Tronconi, pur nel tentativo di contestualizzare l’accaduto, rivelano una tensione ineludibile: l’illusione di un’assenza di problematiche gravi, coesistente con la brutalità di un’aggressione che ha scosso la comunità.
La spiegazione offerta – una stradina di campagna scarsamente illuminata, una via di accesso alla stazione – evidenzia come l’efficacia dei sistemi di videosorveglianza, pur presenti nella zona, risulti insufficiente a garantire la sicurezza in ogni punto del territorio.
Questa limitazione non è solo una questione tecnica, ma solleva interrogativi più ampi sulla capacità di tradurre la tecnologia in una reale protezione, considerando la complessità dei comportamenti umani e l’adattabilità criminale.
La menzione di problematiche pregresse legate allo spaccio e alla presenza di persone marginalizzate, risalenti al 2020, è significativa.
Il “boschetto di Rogoredo”, quando fu smantellato, fu visto da alcuni come un tentativo di riqualificazione, ma potrebbe aver semplicemente spostato il problema, frammentandolo e rendendolo più difficile da gestire.
La presenza di strutture dedicate al recupero di tossicodipendenti e all’accoglienza di migranti e senzatetto non è di per sé un fattore di rischio, anzi, rappresenta un impegno sociale meritevole.
Tuttavia, l’assenza di controlli adeguati e di un’integrazione sociale efficace può favorire la marginalizzazione e, potenzialmente, creare opportunità per attività illegali.
La tendenza di queste persone a spostarsi verso Milano, sebbene percepita come positiva per la tranquillità del paese, non deve essere interpretata come una soluzione definitiva.
Il fenomeno dell’esclusione sociale non si risolve con la semplice “delocalizzazione” del problema, ma richiede un approccio strutturale che affronti le cause profonde della marginalizzazione e promuova la reintegrazione sociale.
L’episodio di San Zenone al Lambro è un campanello d’allarme che invita a una riflessione più ampia sulla sicurezza urbana, non solo come questione di ordine pubblico, ma come questione di giustizia sociale e di responsabilità collettiva.
È necessario un rafforzamento dei sistemi di controllo, certo, ma anche un investimento nella coesione sociale, nella prevenzione della criminalità e nell’offerta di opportunità per tutti, al fine di creare comunità più resilienti e sicure.
La sicurezza percepita non è sufficiente; è necessaria una sicurezza reale, costruita su basi solide di inclusione e di opportunità.
Il tragico evento impone un ripensamento delle strategie di prevenzione e di un’attenzione più mirata alle fasce più vulnerabili della popolazione.