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Sentenza storica: risarcimento per il legame affettivo con gli animali

La recente sentenza del Tribunale di Brescia apre un varco significativo nel panorama giuridico italiano, ridefinendo i confini della tutela risarcitoria in relazione al legame affettivo che unisce una famiglia al proprio animale domestico.
Il caso, che ha visto una famiglia ottenere un risarcimento per danno non patrimoniale a seguito dell’aggressione fatale a loro amato cane, ad opera di un pastore cecoslovacco libero e non sorvegliato, rappresenta una pietra miliare nella consapevolezza della centralità degli animali da compagnia all’interno del tessuto familiare.

L’attribuzione di un risarcimento di 1.500 euro per ciascun membro del nucleo familiare – somma che, pur non essendo l’obiettivo primario, evidenzia il riconoscimento del danno subito – non è tanto un mero valore economico, quanto piuttosto una dichiarazione di principio.
Il giudice ha infatti riconosciuto, implicitamente, che la perdita di un animale domestico, soprattutto quando questo è parte integrante della vita familiare, costituisce una ferita emotiva profonda, capace di generare sofferenza, stress e alterazioni del benessere psicologico.
Questa decisione si colloca in un contesto europeo in evoluzione, dove la legislazione a tutela degli animali domestici sta progressivamente rafforzandosi.
L’idea che l’animale non sia un mero bene di consumo, bensì un membro della famiglia con cui si instaura un legame affettivo complesso e profondo, sta gradualmente permeando anche l’interpretazione delle norme giuridiche.

La sentenza bresciana, come sottolinea LNDC Animal Protection, consolida l’idea che l’animale domestico sia assimilabile, per molti aspetti, a un componente del nucleo familiare.

Questa assimilazione porta con sé delle implicazioni significative in termini di responsabilità del proprietario, non solo per i danni materiali causati dall’animale, ma anche per il danno morale che la perdita o la sofferenza di quest’ultimo può provocare ai suoi familiari.
È cruciale sottolineare che la responsabilità del proprietario, in questo caso, non è limitata alla semplice custodia dell’animale, ma si estende alla prevenzione del rischio di danni a terzi, sia persone che altri animali.
La mancata sorveglianza, l’inadeguata gestione del comportamento dell’animale e la violazione delle norme sulla sicurezza possono configurare una responsabilità civile.
Questa sentenza potrebbe aprire la strada a un’interpretazione più ampia del concetto di “danno non patrimoniale” a favore delle famiglie che subiscono la perdita o la lesione del proprio animale domestico.
Sebbene la quantificazione del danno morale sia sempre complessa e soggettiva, la decisione del Tribunale di Brescia rappresenta un primo, importante passo verso il riconoscimento di un valore giuridico più elevato per il legame affettivo che unisce l’uomo al suo animale da compagnia.

Il caso pone inoltre un monito alla comunità: la sicurezza e il benessere degli animali domestici sono una responsabilità condivisa che richiede attenzione, prevenzione e rispetto.

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