A Vigevano, l’eco di un’inchiesta giudiziaria scuote il tessuto amministrativo e imprenditoriale locale, culminando in un rinvio a giudizio che coinvolge figure di spicco del panorama politico ed economico.

La decisione, assunta dal giudice Daniela Garlaschelli al termine dell’udienza preliminare, investe sei persone, tra cui il sindaco Andrea Ceffa, l’ex consigliera comunale Roberta Giacometti, l’ex europarlamentare della Lega, Angelo Ciocca, Alessandro Gabbi e Matteo Ciceri, già dirigenti dell’Asm Vigevano, e l’imprenditore Alberto Righini, precedentemente a capo dell’Ance provinciale.

Le accuse spaziano dalla corruzione attiva e passiva, all’istigazione alla corruzione, fino alla falsità ideologica, delineando un quadro di presunte irregolarità che intersecano ambiti pubblici e privati.
Contestualmente al processo penale, si sviluppano sentenze di primo grado che prefigurano un quadro più complesso.
Alice Andrighetti, compagna di Righini, ha ricevuto una condanna a dodici mesi di reclusione attraverso il rito abbreviato, mentre Veronica Passarella, ex dirigente dell’Asm, ha optato per il patteggiamento, ottenendo una pena di un anno e dieci mesi.
Queste decisioni preliminari suggeriscono una stratificazione di responsabilità e collaborazioni all’interno della rete di presunti illeciti.
L’indagine si articola attorno a due filoni principali, strettamente connessi, che rivelano dinamiche di potere e tentativi di manipolazione del sistema politico.

Il primo riguarda un tentativo di destabilizzazione della giunta guidata dal sindaco Ceffa.
Nel novembre del 2022, emerge l’ipotesi di un’offerta di denaro – quindici mila euro – indirizzata alla consigliera comunale Emma Stepan, attraverso l’intermediazione del convivente Luca Battista, con l’obiettivo di indurla a dimettersi insieme ad altri dodici colleghi, con la finalità di far cadere l’amministrazione in carica.

Il rifiuto della consigliera e la successiva segnalazione al sindaco hanno portato all’accusa di istigazione alla corruzione nei confronti di Righini e Ciocca.
Il secondo filone dell’indagine si concentra sull’acquisizione di un sostegno politico cruciale.

Per assicurarsi la fedeltà di Roberta Giacometti, l’accusa sostiene che il sindaco Ceffa, tramite un intermediario, abbia predisposto l’assegnazione di una consulenza presso l’Asm Vigevano, un incarico privo di una reale necessità operativa per la municipalizzata.
Questo presunto atto di favore mirava a conferire un vantaggio economico indebito alla consigliera, con ripercussioni sul corretto funzionamento della pubblica amministrazione e un’alterazione delle dinamiche di potere all’interno del consiglio comunale.
La vicenda, che si svilupperà a partire dal 4 dicembre con l’inizio del processo, pone interrogativi profondi sulla trasparenza dell’azione amministrativa, sulla correttezza dei rapporti tra politica e impresa e sulla necessità di rafforzare i meccanismi di controllo e prevenzione della corruzione, al fine di tutelare l’interesse pubblico e garantire l’integrità del sistema democratico.
Il caso Vigevano, dunque, si configura come un campanello d’allarme che sollecita una riflessione critica e un rinnovato impegno verso una cultura della legalità e della responsabilità.