L’udienza preliminare che vede Massimo Adriatici, ex assessore alla Sicurezza di Voghera, imputato per l’omicidio di Younes El Boussettaoui, ha aperto con un tentativo di risarcimento che si è rivelato subito inefficace.
La difesa ha presentato due assegni per un valore complessivo di 220.000 euro, un gesto che, sebbene apparentemente volto a mitigare il dolore e le perdite subite dai familiari della vittima, non è riuscito a placare la loro sete di giustizia.
La famiglia El Boussettaoui, rappresentata dagli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli, ha esplicitamente rifiutato l’offerta, ribadendo che il loro desiderio primario non è un mero indennizzo monetario.
Piuttosto, aspirano a un’adeguata riparazione giuridica, un riconoscimento formale della gravità del crimine commesso e una condanna che possa restituire dignità alla memoria di Younes.
Il rifiuto non è nuovo: precedenti offerte di risarcimento, presentate mesi prima sotto la supervisione di un notaio, avevano già incontrato la stessa sorte, evidenziando una profonda frattura tra le due parti e un’inconciliabilità che va al di là della semplice questione economica.
La posizione degli avvocati difendendo i familiari della vittima sottolinea un principio fondamentale: la quantificazione del dolore, del vuoto e delle conseguenze di una perdita irreparabile come quella subita, non può essere ridotta a una somma di denaro.
È compito del giudice, attraverso un’attenta valutazione delle circostanze e delle ripercussioni sulla famiglia, determinare l’entità del risarcimento dovuto.
Un elemento cruciale che ha portato alla riqualificazione del reato è stato l’intervento della giudice Valentina Nevoso, la quale, nel corso del precedente processo, aveva espresso forti riserve sulla sussistenza della legittima difesa.
Nell’ordinanza, la giudice ha analizzato nel dettaglio le azioni di Adriatici, evidenziando come, anche in virtù del suo passato professionale come poliziotto, avesse avuto la capacità di gestire la situazione in modo diverso, evitando l’uso letale dell’arma.
In particolare, la giudice ha sottolineato la possibilità di mirare ad aree meno pericolose, come gli arti inferiori, anziché provocare la morte di El Boussettaoui.
Questa valutazione ha portato alla richiesta di un nuovo esame del caso da parte della Procura, con la successiva riqualificazione del reato in omicidio volontario con dolo eventuale.
Il pubblico ministero Roberto Valli aveva inizialmente richiesto una condanna per eccesso colposo di legittima difesa, una richiesta che si è scontrata con la decisione di trasferire l’indagine direttamente ai vertici della Procura, affidandola al procuratore Fabio Napoleone e al procuratore aggiunto Stefano Civardi, segnando un punto di svolta nel percorso giudiziario e alimentando la speranza di una giustizia compiuta per Younes El Boussettaoui e per la sua famiglia.
Bahija, sorella della vittima, ha espresso sollievo per la riqualificazione, ritenendola un passo necessario e tardivo verso un riconoscimento della gravità del crimine.