Il libro “Non smetterò mai di cercarti” è un atto di memoria, un’esplorazione dolorosa e profonda delle distanze che possono aprirsi tra il ricordo individuale e la verità storica, come rivelato da un dialogo intimo con il fratello della stessa autrice.
Chiara Tramontano, giovane ricercatrice che vive e lavora in Olanda, si è posta l’arduo compito di restituire dignità e complessità alla figura di Giulia, sua sorella maggiore, strappata alla vita nel 2023 a soli ventinove anni, incinta di sette mesi.
La genesi del libro nasce da una necessità impellente: contrastare l’erosione del tempo e l’insensibilità del mondo, evitando che Giulia, e la sua essenza, si riducano a una statistica nel tragico panorama dei femminicidi.
Chiara ha intrapreso un viaggio introspettivo, un’indagine che si snoda tra il passato e il presente, interrogando la memoria e affrontando i sensi di colpa che ne derivano.
La rivelazione del fratello, che ha evidenziato la discrepanza tra la sua percezione dei ricordi condivisi e la realtà dei fatti, ha rappresentato un punto di svolta, un invito a confrontarsi con la verità, spesso scomoda e dolorosa.
Il testo non è solo una cronaca di una tragedia, ma un’analisi stratificata delle dinamiche relazionali, della fragilità umana e della difficoltà di comprendere appieno la violenza.
Chiara ha ripercorso il suo percorso personale, rivedendo la “Chiara” che cercava disperatamente Giulia a Senago e riconoscendo, in seguito, la “Chiara” che emerge dopo la perdita, una figura in evoluzione, segnata dal lutto ma anche consapevole della necessità di reinventarsi.
Un’evoluzione che include l’apprendimento dell’ascolto empatico, la riflessione ponderata e la capacità di ricostruire la fiducia nell’amore, pur mantenendo una propria autonomia e intuizione.
La sentenza in appello, che ha escluso l’aggravante della premeditazione per Alessandro Impagnatiello, ha suscitato in Chiara un profondo senso di rabbia e frustrazione, poiché mette in luce la precarietà della giustizia e la necessità di una maggiore sensibilità nei confronti delle vittime e dei loro familiari.
Diventare, in questo contesto, “vittima collaterale” implica affrontare un percorso giudiziario lungo e difficile, che richiede una forza d’animo straordinaria.
Chiara Tramontano percepisce la presenza continua della sorella come un’eredità, un faro che illumina il suo cammino e le offre la forza di testimoniare, di denunciare e di lottare per un futuro in cui la violenza contro le donne non trovi più spazio.
L’esperienza giudiziaria si configura come un’altalena emotiva, un continuo oscillare tra la speranza di giustizia e il peso ineluttabile dell’impotenza, un percorso che, paradossalmente, rafforza il legame indissolubile tra le due sorelle.
Il libro si erge quindi a testimonianza di un amore fraterno che trascende la morte e si traduce in un impegno costante per la giustizia e la memoria.