domenica, 15 Giugno 2025
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Libertà a rischio: il monito di Kamel Daoud e il prezzo del silenzio.

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La libertà, fiamma fragile eppure imprescindibile, non si manifesta come una conquista definitiva, ma come una responsabilità costante, un terreno da coltivare incessantemente. La sua perdita non è un evento improvviso, un crollo inaspettato, ma un processo insidioso, un’erosione lenta e progressiva che inizia con l’indifferenza. Non con il rogo simbolico della censura, ma con la rinuncia a difendere coloro che osano infrangere il silenzio imposto.Kamel Daoud, autore algerino costretto a rinunciare a un viaggio in Italia, lancia un monito attraverso una lettera aperta, un appello urgente per la salvaguardia di un bene comune che troppo spesso diamo per scontato. La sua assenza, paradossalmente, diventa un atto di presenza, un messaggio più eloquente di qualsiasi discorso. Perché il gesto di rinunciare a un incontro, a un confronto diretto, denuncia una realtà più profonda: la paura, la pressione, la crescente difficoltà di esprimere idee che sfidano il potere costituito.Il suo romanzo, “Urì”, ora tradotto in italiano, è diventato un catalizzatore di tensioni, un bersaglio di accuse e reinterpretazioni forzate. Daoud denuncia come la sua opera sia stata strumentalizzata, trasformata in un simbolo di polemiche legate alla memoria della guerra civile algerina e al dibattito post-coloniale. La legge della Riconciliazione, un meccanismo aberrante che assolve gli autori di atrocità e ne garantisce una pensione, è solo uno dei tanti esempi di come la verità possa essere manipolata e soffocata. L’assegnazione del prestigioso premio Goncourt a un autore algerino è stata interpretata come un atto politico, un’offesa per alcuni. Ogni atto creativo, in contesti segnati da profonde divisioni, assume una dimensione politica, un peso che grava sulle spalle dell’autore. Daoud si sente traditore, come lo fu Albert Camus, costretto a navigare in un mare di accuse e pregiudizi.Il suo rimprovero più acceso è rivolto a coloro che hanno trasformato la memoria della decolonizzazione in una fonte di rendita, sfruttando il dolore e le sofferenze per fini personali. La tragedia degli ostaggi israeliani e la disperazione dei palestinesi, usati come pretesto per alimentare l’odio, sono altrettanto condannabili. Nessuno, in queste circostanze, combatte per una causa più grande del proprio interesse.Nonostante le difficoltà e le minacce, Daoud promette di tornare in Italia, un paese che incide profondamente nell’anima, anche con una sola visita. Nel frattempo, affida ai lettori il suo libro, “Urì”, un’opera che esplora il percorso di rinascita dopo la perdita, l’importanza delle donne come custodi delle nostre tragedie e talenti, e la lotta incessante per la libertà.L’assenza fisica dell’autore è compensata dalla presenza di altri voci stimolanti: Hadley Freeman, Andrea Moro, Giulia Caminito, e un concerto conclusivo con Enrico Pieranunzi Trio. Gli appuntamenti successivi, sempre in collegamento da remoto, con Alessandra Coppola e Carmine Pinto, prolungano il dialogo e ampliano il raggio di questa riflessione cruciale. “Urì” non è solo un romanzo, ma un manifesto per un futuro in cui la libertà di pensiero e di espressione sia inviolabile, un diritto fondamentale da proteggere con coraggio e determinazione.

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