Maurino, un caleidoscopio di talento e resilienza: addio a Mauro Di Francesco, 74 anni.
Un nome che evoca immagini di spiagge assolate, risate a crepapelle e un’inquietudine artistica mai sopita.
Attore, cabarettista, comico, ma soprattutto un interprete capace di navigare tra generi e registri diversi, Maurino ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama dello spettacolo italiano.
Nato a Milano nel 1951, il suo percorso è intriso di teatro fin dalla culla.
Figlio d’arte, cresce respirando l’atmosfera rarefatta dei palcoscenici, tra una sarta teatrale e un direttore di scena amico di figure emblematiche come Tognazzi e Vianello.
La sua prima esperienza sul palco, a soli cinque anni, con il celebre Mago Zurlì, segna l’inizio di una carriera eclettica.
L’aneddoto del suo apprendistato con Giorgio Strehler, che lo accolse come allievo più giovane nel “Gioco dei potenti”, rivela una precoce sensibilità artistica e un profondo rispetto per la tradizione teatrale.
Gli anni Sessanta lo vedono emergere come interprete televisivo.
A soli diciassette anni, incarna il giovane Robby nella popolare serie “La Freccia Nera”, un’esperienza che lo introduce al vasto pubblico televisivo.
Il decennio successivo è dedicato al cabaret, dove affina la sua abilità comica in coppia con Livia Cerini.
L’ingresso nel Gruppo Repellente, un laboratorio creativo nato dalla mente di Enzo Jannacci e Beppe Viola, lo proietta in un contesto di sperimentazione e contaminazione, affiancandolo a talenti come Diego Abatantuono, Massimo Boldi e Giorgio Faletti.
Gli anni Ottanta consacrano Maurino accanto a icone come Jerry Calà e Massimo Ciavarro, in una serie di film che hanno saputo catturare lo spirito di un’epoca: “Sapore di Mare 2”, “Yesterday”, “Ferragosto OK”, “I Fichissimi”, “Chewingum” e, naturalmente, i due “Abbronzatissimi”.
La collaborazione con Castellano e Pipolo in “Attila, flagello di Dio” testimonia la sua versatilità, capace di passare dalla comicità più spensierata a registri più grotteschi e surreali.
L’ultima sua interpretazione, accanto a Jerry Calà in “Odissea nell’ospizio”, suggella un rapporto di amicizia e collaborazione durato decenni.
La sua vita privata è segnata da una profonda relazione con l’attrice francese Pascale Reynaud, da cui ebbe un figlio, Daniele.
Nel 1997, ha sposato Antonella Palma di Fratianni, una compagna di vita che lo ha sostenuto in ogni momento.
Il suo libro, “La logica del paradosso”, offre uno sguardo intimo e riflessivo sulla sua esistenza.
Un evento traumatico, un trapianto di fegato, lo ha allontanato dalle scene per un ventennio.
Un’esperienza che lo ha portato a fare i conti con la fragilità della vita e con i suoi demoni.
Un’ammissione pubblica, un appello ai giovani, per rinunciare all’alcol, “peggio della droga”.
Un messaggio di speranza, un invito alla donazione di organi, il desiderio di restituire, dopo aver ricevuto un secondo chance.
La sua storia è un monito, un esempio di come la resilienza possa trasformare il dolore in forza, la fragilità in consapevolezza.
Maurino, un artista completo, un uomo complesso, un testimone del suo tempo.
Un ricordo che risuona ancora, tra le risate e le lacrime.







