Il 23 maggio segna l’apertura di un ciclo di eventi e riflessioni promosse dalla Fondazione Feltrinelli, un’iniziativa che si configura come un imperativo morale e intellettuale: “La pace non aspetta!”. L’imponente facciata della Fondazione diventa un manifesto vivente, portando a galla un’urgenza che non può più essere elusa. Questo avvio, unito alla serie di incontri programmati fino ai primi giorni di giugno, mira a catalizzare un’analisi approfondita e una mobilitazione consapevole sulla complessità del conflitto e sulla necessità impellente di disarmo.Il primo appuntamento, intitolato “Pace e Disarmo”, vedrà il giornalista indipendente e ricercatore di pace Antonio Mazzeo confrontarsi con Martina Pignatti Morano, direttrice di Un Ponte per i diritti, e Bartolucci Scienza per la Pace dell’Università di Pisa, affiancato dall’attivista Fausto Pascali, voce del Movimento No Base Coltano. L’evento, parte del ciclo “Move On. La voce dei movimenti, la forza delle lotte”, intende stimolare una discussione stimolante, esaminando le radici culturali e politiche della violenza e le possibili vie per una conversione verso la risoluzione pacifica dei conflitti.Il 24 maggio, un cruciale rilancio a livello nazionale della campagna “Ultimo giorno di Gaza” amplificherà il grido di dolore che risuona da troppo tempo. L’iniziativa, nata dall’impegno civile di figure di spicco come Paola Caridi, Claudia Durastanti, Micaela Frulli, Giuseppe Mazza, Tomaso Montanari e Francesco Pallante, ed Evelina Santangelo, vuole sollecitare un cambio di rotta nelle istituzioni italiane. L’atroce bilancio della guerra – oltre cinquantamila vite palestinesi spezzate, un terzo delle quali bambini innocenti – e la devastazione quasi totale del territorio, richiedono un’azione immediata e concreta, un rompere del silenzio che ha soffocato troppo a lungo la verità. La campagna non è solo una denuncia, ma un invito a riappropriarsi della responsabilità storica e morale di fronte a un’emergenza umanitaria di proporzioni inimmaginabili.L’agenda degli eventi non si limita alla denuncia politica, ma si addentra nelle ferite profonde che la guerra infligge all’anima umana. Il 29 maggio, la psichiatra palestinese Samah Jabr, figura di riferimento per l’Unità di salute mentale del Ministero della salute palestinese, condividerà la sua esperienza in prima linea, svelando le dinamiche del trauma collettivo. L’incontro “Per ritrovare pace” offrirà uno spazio di ascolto e comprensione, mettendo a confronto la prospettiva clinica di Jabr con le testimonianze toccanti della scrittrice Widad Tamimi e di Amna Naji, studentessa e profuga di Gaza. Questo dialogo si configura come un atto di resistenza e guarigione, un tentativo di ricostruire ponti attraverso la condivisione di storie e la ricerca di significato in un contesto di profonda sofferenza. La testimonianza diretta diventa, in questo caso, uno strumento potentissimo per smuovere coscienze e alimentare la speranza di un futuro pacifico.
Pace non aspetta: ciclo di eventi per un disarmo urgente
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