Palazzo Reale di Milano si fa custode di un’eredità artistica complessa e profondamente evocativa, dedicando a Remo Salvadori una retrospettiva monumentale.
Dopo un’anticipazione significativa con sei opere sparse tra la Sala delle Cariatidi e il Museo del Novecento, l’esposizione, dal 16 luglio al 14 settembre, si dispiega al primo piano del Palazzo, offrendo un’immersione totale nell’universo creativo di un artista che ha saputo coniugare ricerca concettuale, sensibilità poetica e un dialogo costante con lo spazio architettonico.
Si tratta della più ampia mostra personale mai dedicata a Salvadori, un percorso che si articola attorno a ben 59 opere, non semplicemente esposte, ma integrate nell’ambiente che le accoglie, creando un’esperienza sinestetica che trascende la mera fruizione visiva.
Come sottolineano le curatrici Elena Tettamanti e Antonella Soldaini, visitare la mostra significa attraversare le “stanze del pensiero” di Salvadori, lasciarsi guidare da un immaginario rarefatto e suggestivo, intriso di un senso di sospensione e contemplazione.
L’opera di Salvadori, come egli stesso afferma, si nutre della “fragranza del momento”, di quella fugacità che si manifesta come un respiro, un’epifania transitoria che l’artista cerca di catturare e fissare nella materia.
Un’arte che interroga l’esistenza, che esprime un bisogno profondo di amore e una vertigine di fronte all’ignoto, un “tremore” che scaturisce dalla consapevolezza della precarietà della condizione umana.
L’itinerario espositivo si apre con l’installazione *Continuo infinito Presente* (1985), un’opera che domina la Sala dei Ministri, un anello composto da cavi d’acciaio intrecciati che evoca l’infinito, il ciclo eterno della creazione e distruzione, il fluire inarrestabile del tempo.
Tra le opere più emblematiche, *Lente Liquida* (1998) si rivela un microcosmo di equilibrio precario: quattro contenitori di vetro, identici in altezza, ma diversi nel diametro, riempiti fino all’orlo d’acqua.
Un cerchio sottile di rame e foglia d’oro, posizionato sulla sommità, crea un’immagine evocativa di una stella, simbolo di speranza e trascendenza, che emerge dall’ordinamento geometrico dei contenitori.
La *Stanza delle tazze* (1986), un’opera che incarna la ricerca di Salvadori sulla dimensione concettuale del cerchio, trasforma una forma geometrica semplice in un oggetto poetico e suggestivo.
La sovrapposizione di un cerchio e due ellissi genera una serie di tazze la cui superficie bidimensionale acquista tridimensionalità grazie all’ellisse, creando un’illusione ottica che invita alla contemplazione.
Il percorso espositivo si conclude con un ritorno alla *Stanza delle tazze* (1986, 1991), un’evoluzione del lavoro originario, arricchito da nuovi elementi e posto in dialogo con un pianoforte che, sotto le mani del musicista Sandro Mussida, durante l’inaugurazione e la chiusura della mostra, trasforma lo spazio in un palcoscenico di emozioni, sottolineando ulteriormente il legame indissolubile tra arte visiva e musica.
La mostra, dunque, non è solo una retrospettiva, ma un’esperienza immersiva che stimola la riflessione e invita alla riscoperta della bellezza nascosta nelle forme e nei materiali.