L’approvazione di un emendamento al decreto Infrastrutture segna una svolta nel panorama normativo riguardante le autovetture diesel Euro 5, innescando un dibattito complesso tra interessi economici, politiche ambientali e necessità di adeguamento alle direttive europee.
L’intervento, accolto con favore dal Ministero delle Infrastrutture e dai vertici governativi, posticipa al 1° ottobre 2026 la data limite entro la quale le regioni del Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna avrebbero dovuto imporre restrizioni permanenti alla circolazione dei veicoli diesel Euro 5.
Questa proroga, pur apparendo una concessione, si inserisce in un contesto più ampio che riflette le difficoltà incontrate nell’implementazione di misure drastiche e immediate.
La limitazione strutturale alla circolazione, inizialmente prevista, avrebbe comportato un impatto significativo per milioni di cittadini e per settori economici legati alla mobilità, sollevando preoccupazioni per la loro capacità di adeguamento.
L’emendamento introduce anche una modifica cruciale nella modalità di applicazione delle restrizioni.
Invece di un’applicazione generalizzata su tutto il territorio regionale, si privilegia la limitazione della circolazione nelle aree urbane dei comuni con una popolazione superiore a 100.
000 abitanti, superando significativamente la soglia precedente di 30.
000.
Questa scelta mirava a concentrare gli sforzi di riduzione dell’inquinamento atmosferico nelle aree più densamente popolate e dove l’impatto sulla qualità dell’aria è maggiore.
Tuttavia, il provvedimento non rappresenta una soluzione definitiva.
Dopo il termine del 1° ottobre 2026, le regioni si troveranno di fronte alla possibilità di derogare all’inserimento delle limitazioni strutturali nei piani di qualità dell’aria, a patto che adottino misure compensative.
Queste misure dovranno essere sufficientemente efficaci da garantire una riduzione delle emissioni inquinanti conforme agli obblighi derivanti dal diritto europeo.
Il cuore del compromesso risiede proprio in questa flessibilità: consentire alle regioni di gestire la transizione verso una mobilità più sostenibile tenendo conto delle proprie specifiche realtà economiche e sociali, ma nel contempo assicurare il rispetto degli standard ambientali europei.
La validità di questo approccio dipenderà dalla capacità delle regioni di elaborare e implementare misure compensative realmente efficaci, che vadano oltre la semplice dilazione delle restrizioni e che promuovano l’innovazione tecnologica, la diffusione di veicoli a basse emissioni e l’adozione di comportamenti più responsabili da parte dei cittadini.
La sfida, dunque, non è solo ritardare un provvedimento, ma costruire un futuro della mobilità più pulito e sostenibile.