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mercoledì 5 Novembre 2025

Serie A in Australia: Profitto o Passione?

La decisione di disputare una partita di Serie A tra Milan e Como a Perth, in Australia, solleva interrogativi complessi che vanno ben oltre la mera valutazione di una scelta politica o economica.
Si tratta, infatti, di un’operazione che interseca tematiche di marketing globale, valorizzazione del calcio italiano, rispetto per la passione popolare e, non ultimo, la sostenibilità di un modello sportivo sempre più orientato al profitto.
La Lega, prendendo posizione, sembra privilegiare l’opportunità di ampliare l’esposizione del campionato italiano su un mercato potenzialmente enorme come quello australiano.
L’idea è chiara: attrarre nuovi investimenti, creare nuovi tifosi e aumentare la visibilità del brand “Serie A”.

Tuttavia, questa strategia si scontra con una realtà fatta di fedeltà consolidate, tradizioni radicate e, soprattutto, con un sentimento di profonda frustrazione tra i tifosi italiani.

Il Ministro per lo Sport, Andrea Abodi, ha espresso in maniera eloquente questa preoccupazione, sottolineando l’assenza di un reale dialogo con la comunità dei sostenitori.
Il calcio, al di là dei numeri e dei contratti televisivi, è intrinsecamente legato all’esperienza collettiva, all’emozione condivisa, alla presenza fisica del pubblico.

Spostare una partita così importante a migliaia di chilometri di distanza significa privare i tifosi di un diritto, di un rituale, di un’identità.

L’operazione Perth non è solo un evento isolato, ma un sintomo di un problema più ampio.

Il calcio moderno, spinto dalla logica del business, rischia di allontanarsi dalle proprie radici, di tradire i valori che lo hanno reso popolare.

La globalizzazione, pur offrendo opportunità di crescita, può anche portare alla standardizzazione, all’appiattimento delle identità culturali.

L’auspicio è che si possa trovare un equilibrio tra le esigenze del mercato e il diritto dei tifosi a partecipare attivamente alla vita del calcio.
Un approccio più sensibile e inclusivo, che tenga conto delle istanze provenienti dal campo, dalle curve, dalle comunità locali, potrebbe contribuire a mitigare l’impatto di scelte apparentemente impopolari e a preservare l’autenticità di uno sport che, al di là delle cifre e delle strategie di marketing, continua ad essere una passione condivisa da milioni di persone.
La questione non è tanto se una partita possa o meno essere giocata in Australia, ma se il calcio italiano sia in grado di ascoltare e rispettare la voce dei suoi tifosi.
Solo così potrà continuare a essere un patrimonio di tutti.

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