Il Tribunale di sorveglianza di Milano ha fissato l’udienza per il caso di Graziano Mesina, già primula rossa del banditismo sardo e deceduto a 83 anni, per il prossimo 11 giugno. Le avvocate Maria Luisa Vernier e Beatrice Goddi si sono interrogate sulla decisione, considerato che l’imputato era già deceduto dal 12 aprile scorso.Secondo le leggi vigenti in materia di procedimenti penali, il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto decidere sul differimento della pena per gravi motivi di salute molti mesi fa. Le avvocate sostengono che l’udienza non era necessaria dopo la morte dell’imputato e che i giudici avrebbero potuto sopprimerla.Le leggi vigenti richiedono che il magistrato di sorveglianza trasmetta gli atti al Tribunale di sorveglianza quando rigetta le istanze del condannato. In questo caso, però, nulla è stato fatto e l’avvocata Vernier ha rivelato che hanno presentato sette istanze per il differimento della pena.I giudici avrebbero anche potuto nominare un consulente tecnico d’ufficio per esprimersi sulle condizioni di salute dell’imputato, ma in questo caso non è stato fatto. Le avvocate hanno chiesto una anticipazione dell’udienza, che non arrivò mai.Ora, le avvocate si preparano a presentare delle memorie in cui verranno messe in evidenza le loro richieste di differimento. Hanno anche chiesto la documentazione sanitaria e valuteranno cosa fare con i familiari. L’udienza fissata per il prossimo 11 giugno sembra essere una formalità, considerato che l’imputato è già deceduto da tempo.Le avvocate si interrogano sul motivo della convocazione dell’udienza e sulla decisione di non sopprimerla dopo la morte del condannato. La comunicazione delle date dell’udienza arriva solo ora, molte settimane dopo la morte di Mesina. L’ufficio giudiziario potrebbe avere motivi per cui non ha ancora chiuso il procedimento penale.Le avvocate hanno espresso il loro rammarico e sono indignate dalla decisione del Tribunale. “È una situazione strana”, dice l’avvocata Vernier, “considerato che il condannato è già deceduto dal 12 aprile scorso”.Secondo le leggi vigenti in materia di procedimenti penali, il Tribunale avrebbe dovuto sopprimere l’udienza dopo la morte del condannato. Le avvocate sono state costrette a presentare delle memorie per spiegare le loro richieste.”Non sappiamo cosa sia successo”, dice l’avvocata Goddi, “ma siamo determinate a scoprire la verità e fare in modo che i familiari di Mesina ricevano giustizia”.