Il Tribunale di Varese, presieduto dal giudice Sagone, ha emesso un’assoluzione che coinvolge ben trentadue membri della tifoseria napoletana, accusati originariamente di resistenza e lesioni a pubblici ufficiali.
La decisione, emessa a conclusione di un procedimento celebrato con il rito abbreviato, pone un punto fermo in un episodio di violenza urbana che ha scosso la città a seguito della partita Monza-Napoli del 14 maggio 2023.
L’accusa aveva delineato un quadro di alterco violento, innescato dalle celebrazioni spontanee e spontanee della tifoseria partenopea, giunta a Varese per sostenere la propria squadra.
La vittoria matematica dello scudetto, un evento di portata storica per il calcio napoletano, aveva generato un’esplosione di gioia che, tuttavia, si è trasformata in un’escalation di violenza innescata, presumibilmente, da una complessa combinazione di fattori, tra cui l’eccesso di euforia, il consumo di alcolici e la presenza di elementi preesistenti di tensione tra le fazioni.
Secondo quanto ricostruito durante il processo, gli eventi si sono sviluppati in prossimità di un supermercato, dove la gioia delle celebrazioni si è scontrata con la presenza di tifosi locali.
La dinamica successiva ha visto un veicolo, una Jeep Renegade, presumibilmente condotta da uno dei membri del gruppo napoletano, tentare, in circostanze ancora da chiarire integralmente, di investire un agente della Polizia di Stato, aggravando la gravità degli scontri.
La difesa, guidata dall’avvocato cassazionista Emilio Coppola, ha contestato l’accusa, sostenendo che i propri assistiti fossero stati coinvolti in una situazione incontrollabile, innescata da dinamiche esterne e in un contesto di generale confusione.
L’avvocato ha inoltre sottolineato la mancanza di elementi probatori univoci che potessero incriminare direttamente i propri clienti, evidenziando come la ricostruzione degli eventi fosse oggetto di interpretazioni divergenti.
L’assoluzione, pur liberando i trentadue tifosi dall’accusa di resistenza e lesioni, non cancella la gravità degli episodi di violenza registrati.
L’episodio solleva interrogativi cruciali sulla gestione della sicurezza durante eventi sportivi di tale portata, sulla necessità di prevenire e reprimere comportamenti violenti e sulla complessa dialettica tra passione calcistica, identità locale e ordine pubblico.
Rimane aperta la questione della responsabilità individuale e collettiva per i danni causati e per la compromissione della sicurezza pubblica, richiedendo un’analisi approfondita delle cause che hanno portato a un episodio che ha lasciato un segno nella comunità varese.