Un’eco di violenza verbale, amplificata dalle piattaforme digitali, si è tradotta in un’imponente azione legale contro Rita De Crescenzo, influencer nota sui social media, e suo figlio Rosario Bianco.
Al centro della disputa, il deputato Francesco Emilio Borrelli, vittima di una campagna diffamatoria di estrema gravità, culminata in minacce esplicite e appelli all’intervento di organizzazioni criminali.
L’udienza predibattimentale, fissata per il 3 febbraio 2026 dinanzi alla sesta sezione penale del tribunale di Napoli, segnerà l’inizio di un processo che mette in discussione i limiti della libertà di espressione online e le responsabilità derivanti dall’uso di strumenti digitali per diffondere odio e incitare alla violenza.
La vicenda, nata presumibilmente da divergenze politiche e contrasti personali, si è rapidamente degenerata in una spirale di insulti, accuse infamanti e richieste esplicite di aggressione fisica nei confronti del parlamentare.
La Procura di Napoli, sulla base di prove video e audio raccolte, ha formalizzato le accuse di diffamazione e minacce aggravate, commesse in concorso e potenzialmente aggravate dal coinvolgimento di un’organizzazione criminale.
Il deputato Borrelli, assistito dal suo legale, ha fornito agli inquirenti un corposo dossier di materiale compromettente, composto da quattordici video e registrazioni audio che documentano la campagna di delegittimazione.
Queste prove, secondo l’esponente politico, rappresentano la prima, ma non l’ultima, azione legale intrapresa contro gli imputati.
La denuncia sottolinea la necessità di un intervento giudiziario per contrastare l’impunità con cui individui possono sentirsi autorizzati a diffamare, aggredire e insultare figure pubbliche, sfruttando la copertura offerta dai social media.
Il caso solleva interrogativi fondamentali sul ruolo dei social media come amplificatori di discorsi d’odio e sulla responsabilità dei gestori di queste piattaforme nel moderare i contenuti e prevenire la diffusione di messaggi pericolosi.
L’invocazione esplicita di un intervento da parte della camorra, inoltre, configura un elemento di gravità particolarmente allarmante, che evidenzia la potenziale capacità di questi discorsi di trascendere la sfera virtuale e tradursi in azioni concrete di violenza.
La vicenda potrebbe rappresentare un punto di svolta nella definizione dei confini tra libertà di espressione e responsabilità legale nell’era digitale, contribuendo a delineare nuove strategie di contrasto ai fenomeni di cyberbullismo, diffamazione online e incitamento alla violenza.