A Milano, la Procura si è trovata a fronteggiare un’ondata di querele, una decina in totale, presentate da donne vittime di una profonda violazione della loro dignità e privacy.
Le immagini di queste donne, estrapolate dal contesto e accompagnate da commenti denigratori e sessisti, sono state pubblicate sul sito Phica.
eu, successivamente disattivato a seguito di un intervento della Polizia Postale.
L’inchiesta, gestita dal dipartimento dell’aggiunta Letizia Mannella e affidata al pubblico ministero Giovanni Tarzia, si inserisce in un quadro nazionale di crescente allarme per la proliferazione di piattaforme online che alimentano fenomeni di revenge porn e cyberbullismo.
L’episodio di Phica.
eu non è un caso isolato.
A Roma, la Procura aveva già avviato un’indagine più ampia sul sito, focalizzandosi non solo sulla diffusione illecita di immagini, ma anche sui potenziali reati di diffamazione e, soprattutto, di estorsione.
Testimonianze di vittime hanno rivelato presunte richieste di denaro in cambio della rimozione dei contenuti compromettenti, aprendo una prospettiva inquietante sulla possibile organizzazione criminale dietro a queste attività.
Vittorio Vitiello, identificato come il presunto gestore del sito, è stato sottoposto a perquisizione nella sua abitazione di Firenze, nel tentativo di raccogliere elementi utili per ricostruire la dinamica e identificare eventuali complici.
La gravità della situazione è ulteriormente amplificata da indagini parallele in altre città.
A Roma, la Procura ha aperto un procedimento riguardante la pagina Facebook “Mia moglie per revenge porn”, un chiaro esempio di come il cyberbullismo e la vendetta vengano perpetrati attraverso i social media.
A Firenze, un’inchiesta si concentra sulla diffamazione subita dalla sindaca Sara Funaro, evidenziando come figure pubbliche siano particolarmente vulnerabili a questo tipo di attacchi online.
La complessità del fenomeno richiede una risposta legale coordinata e un impegno a tutela delle vittime.
In questo senso, l’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, con un team di legali, sta promuovendo un’azione collettiva per ottenere risarcimenti danni non solo nei confronti dei gestori dei siti, ma anche nei confronti di Meta, proprietaria delle piattaforme “Mia moglie” e altre simili.
Questa iniziativa legale mira a responsabilizzare le aziende tecnologiche per il ruolo che possono involontariamente (o volontariamente) giocare nell’alimentare la diffusione di contenuti illegali e dannosi.
La battaglia legale si concentra sulla verifica di eventuali mancanze nelle politiche di moderazione dei contenuti e sulla necessità di implementare sistemi di segnalazione più efficaci e reattivi.
L’azione collettiva rappresenta un tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica e di spingere verso una legislazione più stringente per proteggere la privacy e l’immagine delle persone nell’era digitale, un fronte di battaglia cruciale per la salvaguardia dei diritti fondamentali.