La recente scarcerazione di quindici presunti esponenti di vertice del clan Moccia, una costola significativa dell’organizzazione camorristica che affonda le sue radici tra Napoli e Roma, ha sollevato un’ondata di preoccupazione e interrogativi profondi all’interno del sistema giudiziario campano e a livello nazionale.
L’episodio, ampiamente documentato da Roberto Saviano e ricostruito dalle testate locali come *Il Mattino* e *Repubblica Napoli*, non è un evento isolato, ma il sintomo di una più ampia criticità strutturale che affligge l’amministrazione della giustizia in territori particolarmente esposti al controllo mafioso.
Il campanello d’allarme, come evidenziato già a marzo 2023 dalla Procura di Napoli (procuratori Ivana Fulco e Ida Teresi), segnalava il rischio imminente di liberazione dei detenuti a causa della prolungata durata del processo.
Questo scenario, lungi dall’essere imprevedibile, si è concretizzato a distanza di poco più di un anno, in aprile 2024, quando i magistrati sollecitavano con urgenza l’intensificazione delle udienze, anche attraverso l’organizzazione di sessioni straordinarie nel fine settimana.
Tali richieste, tuttavia, sono rimaste in gran parte inattese, soffocate sotto il peso di un calendario processuale già gravato da un numero eccessivo di procedimenti, tra cui un altro complesso maxiprocesso legato alla criminalità organizzata.
La vicenda è complessa: tre anni di attività in aula, sessanta udienze consumate senza la pronuncia di una sentenza di primo grado, e la conseguente liberazione disposta dalla sesta sezione penale in accoglimento delle istanze presentate dalla difesa.
Ora, sotto la guida della presidente della Corte d’Appello, Maria Rosaria Covelli, e con la diretta supervisione del procuratore Nicola Gratteri, è in corso una serrata indagine volta a ricostruire la cronologia completa del fascicolo e a individuare eventuali fattori che abbiano contribuito a determinare i ritardi e le anomalie che hanno portato a questo risultato.
L’obiettivo non è meramente formale, ma cruciale per comprendere le dinamiche interne al sistema giudiziario e per prevenire il ripetersi di situazioni simili.
La liberazione, pur accompagnata dall’applicazione di misure alternative che prevedono restrizioni alla libertà personale – come il divieto di residenza in Campania e Lazio e limitazioni agli orari di uscita – non placa le preoccupazioni.
La Procura, guidata da Gratteri, sta valutando l’opportunità di presentare ricorso al Riesame o alla Corte di Cassazione, al fine di contestare le decisioni che hanno portato alla scarcerazione dei presunti boss.
L’episodio Moccia, tuttavia, non si riduce a una semplice inefficienza burocratica.
Esso riflette una problematica più profonda: la difficoltà del sistema giudiziario di confrontarsi con la potenza e la pervasività della camorra, capace di esercitare pressioni e condizionamenti di varia natura.
La ricostruzione accurata della vicenda e l’analisi delle responsabilità, insieme a un ripensamento delle strategie processuali e di gestione dei carichi, appaiono ora imprescindibili per restituire fiducia ai cittadini e per riaffermare la preminenza dello Stato di diritto in un contesto così delicato.
La vicenda pone, in definitiva, un quesito cruciale: come garantire una giustizia efficiente e imparziale in territori profondamente segnati dalla criminalità organizzata?